Salve, avrei una questione in realtà davvero basilare da chiarire in merito all’ indeterminazione. L’ indeterminazione è una proprietà INTRINSECA quando si parla di particelle, non potrebbe essere che ancora non si conosca il modo di misurare una coppia di valori contemporaneamente senza compromettere il sistema??

È un errore interpretare il principio d’indeterminazione come l’impossibilità di fare una misura dove la mancanza di una strumentazione adeguata non ci permette di conoscere contemporaneamente, con precisione, sia la posizione sia la quantità di moto di una particella.
Ciò può sembrare strano poiché siamo abituati dalla meccanica classica che non esiste un limite teorico assoluto che impedisca di ridurre un errore di misura a valore zero (1). Nel corso degli anni, grazie all’evoluzione tecnologica degli strumenti, si sono misurate le grandezze fisiche con incertezze d’imprecisione sempre più piccole.
Invece, quando osserviamo poche particelle su scala atomica le cose si comportano in modo assai diverso e fuori da qualsiasi senso comune.
Heisenberg ebbe cura di puntualizzare che le imprecisioni d’indeterminazioni di posizione e quantità  di moto delle particelle non sorgono da interferenze causate dal processo di misura o da imperfezioni degli strumenti.
Non c’entra nulla il fatto che, se per esempio, osservando un elettrone con un potente microscopio, si ha difficoltà a fare l’esatta misura della sua posizione poiché il fotone di luce urtando l’elettrone lo sposta. 

La formulazione esatta del Principio d’indeterminazione data da Heisenberg è la seguente:

Se si effettua la misura su un oggetto e si determina la componente x della sua quantità di moto con incertezza Δp, non si può contemporaneamente conoscere la sua posizione x con incertezza minore di Δx = (h/4 ∏)/Δp. In ogni istante il prodotto tra l’indeterminazione nella posizione e quella nella quantità di moto deve essere maggiore o uguale a circa un dodicesimo della costante di Planck.

 
Il lettore conoscerà senz’altro l’esperimento del fascio di elettroni accelerati verso una barriera con al centro un forellino. Quelli che escono dal forellino sono proiettati verso uno schermo di fosforo come fosse il cinescopio di un televisore analogico.
Se il forellino è molto piccolo gli elettroni dovrebbero passare in fila indiana, uno dietro e l’altro avanti, andando a colpire una precisa posizione (x, y) dello schermo bidimensionale. In fondo, dalla fisica classica, le particelle dovrebbero comportarsi come proiettili, come corpi. Invece non è così! Sullo schermo vediamo le classiche figure di diffrazione che abbiamo studiato in ottica (Principio di Huygens, disco di Airy ecc). Come se la sorgente emettesse luce, onde elettromagnetiche e non elettroni. L’ampiezza dell’onda associata ai corpi è chiamata ampiezza di probabilità o funzione d’onda ed è la probabilità di trovare una particella in un determinato intervallo di spazio. Questa fu la stranezza non spiegabile dalla fisica classica ma spiegata perfettamente con la fisica quantica.
 
Più piccolo è il foro, per dare una posizione precisa sullo schermo, più aumenta la figura di diffrazione, cosi Δp aumenta. Se vogliamo determinare la quantità di moto (esempio della componente orizzontale), dobbiamo allargare la fenditura che a sua volta significa non conoscere con precisione la posizione e scompare la diffrazione d’onda. Quando cerchiamo di ridurre l’errore di misura di una variabile, peggioriamo la precisione dell’altra.

Heisenberg capì che, se si potessero misurare contemporaneamente la quantità di moto e la posizione con maggiore precisione, la meccanica quantistica sparirebbe immediatamente (2) e fu per questo che escluse tale possibilità. Dopo l’enunciato tutti si misero a cercare dei modi per aggirare il principio, ma nessuno riuscì neanche a immaginare un modo per misurare p e x di un oggetto qualsiasi (un elettrone, una palla da tennis, un martello, qualunque cosa) con precisione maggiore. 

Un esempio a volte è più chiaro che non le parole.

Ipotizziamo che un elettrone emesso dalla sorgente abbia un’energia pari a 100 eV e si muova sulla direzione x alla velocità di 2E6 m/s.

La sua quantità di moto sarà, px = m vx= 9,11E-31 kg* 2E6 m/s= 18,2E-24 kg m/s.
Fissiamo di poter misurare la quantità di moto con una precisione dell’1%, otteniamo un Δp=18,2E-26 kg m/s.
L’incertezza sulla sua posizione sarà: Δx =(h/4 ∏)/Δp= 0,53E-34/18,2E-26 ≈2,9 nm

Data la misura del 1% sulla quantità di moto non riusciamo a determinare la sua posizione migliore di circa ventinove volte il diametro di un atomo.

Note

1) Dalla meccanica quantistica sappiamo che materia e energia sono grandezze discrete. Perché non c’è ne siamo mai accorti nella fisica classica? Perchè quando abbiamo a che fare con oggetti aventi dimensioni maggiori di migliaia di volte le distanze atomiche, il passo di quantizzazione è talmente infinitesimo che nessuna strumentazione avrà mai un’accuratezza tale da poterlo rilevare. Infatti abbiamo sempre considerato, senza commettere errori, materia ed energia come grandezze continue. La meccanica classica è un approssimazione della meccanica quantistica.

2) La teoria quantistica ha permesso di spiegare tantissimi particolari. Ad esempio per la prima volta nella storia della scienza, l’uomo ha capito (1930) perchè un atomo di ossigeno si combina con due di idrogeno. ll successo della meccanica quantica fu tale perchè poteva spiegare la meccanica classica e la chimica (la chimica teorica fondamentale è una faccia della stessa medaglia chiamata fisica). La scoperta che le leggi del moto non funzionano quando sono applicate agli atomi e che solo grazie alla teoria quantistica tanti esperimenti sono spiegabili e calcolabili, fu una grande rivoluzione scientifica. Rivoluzione paragonabile a quelle che si ebbero dalla teoria gravitazionale (1687) e dalla  teoria elettromagnetica (1873). Tutte queste teorie quando furono annunciate erano fuori dal buon senso comune. Poi con il tempo diventarono ovvie e scontate, fanno tuttora parte dei nostri sensi. Come le meraviglie tecnologiche degli oggetti che usiamo e che pochi sanno come e perchè funzionano. Allo stesso modo è ovvio, da secoli, che stiamo ruotando attorno al sole ma, purtroppo, pochi sanno che stiamo cadendo verso il sole. Se non intervenisse nessuna forza, partiremmo per la tangente, chissà per dove, in moto rettilineo (Primo principio di inerzia  di Galileo (1632) che tutti abbiamo studiato alla scuola  dell’obbligo).   

Gianfranco Verbana