A cosa è dovuto il caratteristico crepitio che si ode in prossimità dei tralicci elettrici

Il ronzio o crepitio che, specie nelle giornate umide, si
sente in prossimità degli elettrodotti ad alta tensione
è dovuto al cosiddetto effetto corona, determinato
dall’intenso campo elettrico presente nelle immediate vicinanze
dei conduttori.

Tre sono gli aspetti da chiarire a proposito di questo fenomeno.

  1. In cosa consiste esattamente l’effetto corona e
    perché si verifica.

  2. Perché l’effetto corona produce un rumore
    udibile.

  3. Come mai nei pressi dei conduttori degli elettrodotti si
    determina un campo elettrico così intenso e cosa si
    può fare per evitarlo o ridurne le conseguenze.

L’effetto corona

L’effetto corona consiste nella ionizzazione dell’aria
presente in un sottile strato cilindrico (la corona, appunto)
attorno ad un conduttore elettricamente carico. La causa del fenomeno
è l’intenso campo elettrico che in alcuni casi, come vedremo,
si stabilisce in questa regione. La ionizzazione si determina
quando il valore del campo elettrico supera una soglia detta
rigidità dielettrica dell’aria, e si manifesta con una
serie di scariche elettriche, che interessano unicamente la zona
ionizzata e sono quindi circoscritte alla corona cilindrica in cui
il valore del campo supera la rigidità dielettrica. Il fenomeno
è, in piccolo, sostanzialmente equivalente alla generazione di
lampi e fulmini, che si verificano proprio quando il
campo elettrico dovuto alla differenza di potenziale tra nuvola e
nuvola o tra nuvola e terreno supera la rigidità

dielettrica.

La rigidità dielettrica dell’aria

Si definisce rigidità dielettrica di un
materiale isolante il massimo valore del campo elettrico che in esso
può essere presente senza che avvenga una scarica disruttiva.
Tale valore dipende fortemente dal tipo e dalle condizioni fisiche ed
ambientali del materiale.

In molti materiali, la rigidità dielettrica indica il
limite oltre il quale il campo elettrico applicato è tanto
intenso da rompere i dipoli elettrici presenti nel materiale
(permanenti o indotti dal campo stesso), creando così
una coppia di ioni.

Nei gas come l’aria, l’esistenza di ioni preesistenti al campo
elettrico (generati per esempio da radiazioni ionizzanti come i
raggi ultravioletti o i raggi cosmici) mette a disposizione un
altro meccanismo: il campo elettrico accelera gli ioni preesistenti,
facendo loro acquisire energia cinetica. Se questa è
sufficiente lo ione accelerato può, quando urta una molecola di gas,
causarne la ionizzazione, dando così luogo ad un fenomeno
noto come moltiplicazione a valanga. Siccome l’energia
cinetica acquisita durante l’accelerazione cresce non solo
con l’intensità del campo elettrico, ma anche con il
libero cammino medio tra due urti (maggiore il cammino
medio, maggiore il tempo a disposizione del campo elettrico per
accelerare gli ioni), ne consegue che più un gas è

rarefatto, più questo meccanismo di moltiplicazione è
efficace, più basso è quindi il valore della
rigidità dielettrica.

Tirando le fila, risulta che la rigidità dielettrica
dell’aria secca è di circa 3 MV/m (inteso come valore
continuo, oppure valore di picco in caso di campo alternato) e che
questo valore diminuisce sensibilmente in montagna (per la
maggior rarefazione dell’aria) e soprattutto in presenza di
umidità o inquinamento
(le goccioline di vapore o
alcune particelle inquinanti funzionano infatti come attrattori

ed agglutinatori degli ioni).

Tornando agli elettrodotti, una situazione particolarmente
critica si ha in corrispondenza degli isolatori (quei
dispositivi di vetro o porcellana che permettono di collegare
meccanicamente i cavi ai tralicci, preservando l’isolamento
elettrico), perché questi, se sporchi o bagnati, possono
favorire sensibilmente l’innesco di scariche. Ciò rende
conto del fatto che presso i tralicci sia in genere più
facile che lungo le linee avvertire il rumore associato
all’effetto corona. Il problema è ovviamente più

evidente in zone industriali o comunque ad elevato inquinamento
atmosferico.

L’origine del rumore

L’effetto corona, attraverso la ionizzazione dell’aria e
l’innesco di scariche elettriche, ha numerose conseguenze
avvertibili.

  • Riscaldamento e debole luminescenza. Questi effetti
    producono perdite di energia che diminuiscono il rendimento
    della linea elettrica.

  • Produzione di ozono, come sempre avviene in presenza
    di scariche o scintille in aria.

  • Distorsione della forma d’onda. Nelle linee a corrente
    alternata la dissipazione di energia non avviene con
    continuità, ma solamente negli intervalli in cui,
    ad ogni semiperiodo, l’intensità del campo supera in
    valore assoluto la rigidità dielettrica dell’aria. Si
    producono allora deformazioni dell’onda di tensione, che perde
    le sue caratteristiche perfettamente sinusoidali per l’insorgere
    di armoniche.

  • Disturbi alle telecomunicazioni. Le scariche producono
    segnali spurî ad alta frequenza che possono disturbare
    le telecomunicazioni. In relazione alla caratteristica
    forma dello spettro corona, la cui ampiezza si riduce sensibilmente
    al crescere della frequenza, tali disturbi interessano soprattutto
    le frequenze relative alle trasmissioni radiofoniche o al più
    alle trasmissioni televisive nei canali bassi della banda VHF.

  • Effetto acustico. Il rumore a cui si riferisce la
    domanda è senza dubbio, tra tutti i fenomeni conseguenti
    all’effetto corona, uno dei più complessi. Sostanzialmente,
    esso ha origine dalle onde di pressione generate dal riscaldamento
    prodotto dalla ionizzazione e dalle scariche nella corona.
    Esso si manifesta con il caratteristico “crepitio” tipico
    di ogni scarica elettrica. Nelle linee a corrente alternata, dove
    il campo elettrico si inverte di polarità passando per lo
    zero 100 volte al secondo, anche i fenomeni di ionizzazione si
    innescano e disinnescano con questa cadenza. Ciò dà
    luogo ad una modulazione delle onde di pressione, per cui al crepitio
    si aggiunge, nel rumore avvertibile, anche un “ronzio”

    a bassa frequenza.

Il campo elettrico nei pressi di un conduttore

Per determinare quantitativamente l’intensità del
campo elettrico nei pressi di un conduttore carico si può

prendere in considerazione l’esempio mostrato in figura, semplice
ma didatticamente completo, nel quale un conduttore rettilineo
indefinito orizzontale (perpendicolare al piano del disegno) di
diametro 2a, sospeso ad una altezza h dal terreno,
è mantenuto ad un potenziale V rispetto al terreno
stesso, assunto come riferimento di potenziale nullo.

Svolgendo un semplice esercizio di elettrostatica elementare,
di cui si omettono per brevità i dettagli, è

possibile determinare la densità di carica per unità di
lunghezza ρ che si stabilisce sul conduttore
(nella formula “ln” indica il logaritmo naturale):


e, da questa, l’intensità E del campo elettrico in
qualunque punto dello spazio. Tale intensità raggiunge il
valore massimo alla superficie del conduttore dove, nell’ipotesi
realistica che sia a << h, si trova:


La relazione trovata indica chiaramente che il campo elettrico
alla superficie del conduttore è tanto maggiore quanto
minore è il raggio del conduttore stesso. Per esempio,
se prendiamo in considerazione la massima tensione di esercizio
degli elettrodotti italiani (310 kV di picco tra fase e terreno)
otteniamo un campo elettrico di picco di 4.08 MV/m con un raggio
a = 1 cm e di 1.03 MV/m con un raggio di a = 5 cm,
ipotizzando una altezza h = 10 m da terra. (Il calcolo è

fatto in configurazione monofase; in configurazione trifase si
otterrebbero valori leggermente diversi, ma la sostanza sarebbe la
stessa).

L’effetto corona ha, come si è visto, numerose
conseguenze indesiderate ma, fortunatamente, è controllabile
in modo abbastanza agevole in fase di progetto. Le tecniche
in tal senso mirano alla diminuzione del campo elettrico massimo
nei pressi dei conduttori, aumentando il raggio degli stessi fino a
valori che scongiurino l’effetto corona anche nelle condizioni
di pressione ed umidità più svantaggiose.

Per motivi economici, quando la sezione necessaria a questo
scopo risulta eccessiva in relazione alla corrente elettrica da
trasportare, si preferisce adottare la tecnica dei conduttori
a fascio
. In questo caso, per ciascuna fase dell’elettrodotto
vengono utilizzati due (fascio binato, vedi foto) oppure
tre (fascio trinato) conduttori allo stesso potenziale,
mantenuti ad una certa distanza uno dall’altro. Si ottiene
così un conduttore di grande raggio equivalente
(dal punto di vista del campo elettrico), mantenendo relativamente
bassa la quantità di metallo necessaria e quindi il costo.
Una possibile alternativa consiste nell’utilizzare conduttori
internamente cavi.

Con provvedimenti di questo tipo si riesce, di regola, a
prevenire l’effetto corona nelle condizioni operative normali
degli elettrodotti, per cui il rumore ad esso associato non
si ode lungo le linee se non nelle giornate molto umide o
piovose. Più facile è invece avvertirlo nei
pressi dei tralicci, per i motivi legati alla sporcizia e
all’umidità sugli isolatori, a cui si può
porre rimedio solo con frequenti e onerosi interventi di
pulitura e manutenzione.

Un commento

  1. Complimenti, articolo molto chiaro e dettagliato.
    Dovrò forse rileggerlo un miliardo di volte per capirlo e magari non basterà.

    Per quanto riguarda invece il ronzio, che poi somigliava maggiormente a un tifo da stadio costante e funesto, emesso (credo) dall’antigelo nei cavi dell’alta tensione, durante gli anni ottanta, ne sa qualcosa?

    Grazie
    Ronny

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