Se è vero che mai nessun telescopio terrestre potrà eguagliare le prestazioni dello Hubble Space Telescope, a causa della distorsione dell’atmosfera, perché se ne continuano a costruire di nuovi qui sulla terra e non se ne mette in orbita un altro?

E’ vero
che attualmente nessun telescopio a terra può eguagliare
le prestazioni dell’HST, ma pare che in un prossimo futuro la situazione
possa cambiare; inoltre, vanno presi in considerazione diversi aspetti
del problema, primo tra i quali quello dei costi.
Per avere una panoramica abbastanza completa sulle prestazioni dei maggiori
telescopi del mondo, bisogna tenere presente i seguenti fatti:

L’HST è
piuttosto piccolo, con uno specchio di soli 2 metri e mezzo di diametro,
da rapportare con gli 8 metri dei Gemini, Subaru e VLT ed i 10 metri dei
Keck, dunque la sua capacità di raccolta di luce è decisamente
modesta.

Il grosso
vantaggio di HST è di essere fuori dall’atmosfera, la quale, con
i suoi moti turbolenti, disturba le osservazioni al telescopio. Infatti,
l’immagine di una stella è tanto più puntiforme quanto più
è grande lo specchio del telescopio (è questo che si definisce
potere risolutivo), dunque in teoria i telescopi terrestri dovrebbero
essere meglio; sfortunatamente la turbolenza dell’atmosfera allarga le
immagini stellari fino a 100 volte il limite teorico, il che, oltre che
fare perdere in nitidezza, fa sì che la luce venga raccolta su
aree più grandi dei sensori, con notevole perdita di contrasto
e di magnitudine limite raggiunta.

Per contro,
HST ha avuto dei costi di costruzione quasi 100 volte superiori a quelli
di un telescopio a terra, per non parlare del fatto che ogni volta che
si guasta bisogna mandate uno Shuttle in orbita per ripararlo, e che,
mentre un telescopio a terra può essere lasciato incustodito per
settimane, per HST un team di tecnici deve mantenere costantemente il
contatto radio per verificarne l’assetto e le prestazioni, facendo uso
di una rete globale di stazioni radio. Tutto ciò rende HST costosissimo.

Non tutte
le ricerche astronomiche necessitano di prestazioni “spinte”: le scoperte
più sensazionali, che arrivano alla ribalta delle cronache, giungono
come ovvio dai telescopi più potenti ed avanzati, ma dietro a tutto
ciò la ricerca astronomica è fatta anche di studi di minore
“impatto” compiuti con strumentazione a terra, persino di dimensioni ridotte.
Per farti un esempio, la presunta espansione accelerata dell’universo
scoperta l’anno scorso è stata fatta scandagliando il cielo alla
ricerca di supernovae molto distanti mediante telescopi di medie dimensioni
ed ottenendone solo successivamente lo spettro con il Keck da 10 metri.
Per non parlare di progetti di scoperta di asteroidi e comete, come lo
Spacewatch o il LINEAR, che fanno uso di strumenti più piccoli
di 1 metro.

Quando si
progetta uno strumento di punta, esso impiegherà grandi risorse
di progettazione e deve essere pertanto, nelle aspettative, molto superiore
di quelli operativi al momento. Se così non fosse, non ci sarebbe
l’avanzamento della scienza. Dunque, non avrebbe senso costruire un secondo
Hubble solo per dimezzare i tempi di svolgimento delle ricerche che verrebbero
condotte comunque con un unico esemplare; il prossimo telescopio spaziale
dovrà essere molto più grande ed efficiente.
E’ in effetti già in fase di studio un “Next Generation Space Telescope”
che dovrà avere un diametro di 8 metri e che si pensa di immettere
in orbita (o forse lanciare nello spazio) verso il 2015, ma prima è
necessario superare dei problemi tecnici che al momento sembrano quasi
insormontabili. Uno tra tutti è che uno specchio rigido da 8 metri
non è imbarcabile su nessun lanciatore spaziale, per cui bisogna
realizzare uno specchio ripiegabile che si apra da solo in orbita raggiungendo
una precisione nella forma inferiore al decimillesimo di millimetro. Attualmente
a questo problema sta lavorando l’americana Raytheon.

Da tutto
ciò potrai capire che la decisione di costruire un altro telescopio
spaziale non è una cosa che si possa affrontare facilmente, tanto
più che ormai nessuna agenzia spaziale nazionale può permettersi
di affrontare i costi di queste imprese e si deve sempre più ricorrere
a consorzi sovranazionali, con la complicazione di mettere d’accordo un
sacco di interessi di parte. Per fare un esempio, pensa che anche la scelta
di costruire il VLT presso il Cerro Paranal da parte dell’ESO è
stata aspramente criticata perché questa montagna cilena è
piuttosto distante dalla sede storica degli altri telescopi europei a
La Silla, il che ha comportato di dover duplicare tutte le strutture logistiche
con crescita abnorme dei costi ed ha reso necessario cedere alcuni telescopi
di La Silla ad altri stati non europei per poter rientrare nel budget.

Per finire,
va detto che forse in futuro non sarà più necessario mandare
i telescopi nello spazio per contrastare gli effetti nefasti dell’atmosfera.
Infatti sono in fase di studio in via prototipale degli strumenti chiamati
“ottiche adattative di curvatura” i quali, analizzando in tempo reale
l’immagine di una stella, riescono a capire qual è l’effetto di
distorsione che sta avendo in quel preciso istante l’atmosfera e possono
comandare un sistema di lenti ad introdurne una uguale e contraria, ristabilendo
la situazione originale.