Quali sono le caratteristiche principali che differenziano, sia in campo tecnico che di prestazioni, un telescopio rifrattore da un telescopio riflettore?

Da un punto
di vista puramente tecnico, i telescopi rifrattori sfruttano la rifrazione
della luce all’interno di lenti per far convergere i raggi luminosi nel
fuoco, mentre i riflettori utilizzano la riflessione su specchi metallici.
Tipicamente i rifrattori utilizzano lenti in vetro, “drogate” con elementi
tipo il piombo; su di esse, per ridurre la luce riflessa all’interfaccia,
durante il passaggio aria-vetro, si depongono dei trattamenti anti-riflesso
costituiti da sottili strati di materiale dielettrico, i cui indici di
rifrazione e spessore sono studiati per creare interferenza distruttiva
tra i raggi riflessi al loro interno. Gli specchi dei riflettori, invece,
sono dischi di vetro (talvolta speciale, tipo il pirex o il vetro-ceramico
per ridurre le dilatazioni termiche) su cui viene deposto un sottilissimo
strato di alluminio mediante vaporizzazione con scariche elettriche in
camera a vuoto. Le leggi fisiche che intervengono alla formazione delle
immagini sono la legge di Snell della rifrazione (quella dei seni, riportata
su tutti i libri di fisica, ottica ed elettromagnetismo) nei rifrattori,
mentre la legge della riflessione (che afferma che l’angolo di incidenza
e riflessione sono uguali) nei riflettori.

Da queste
prime considerazioni, si possono dedurre immediatamente alcune conseguenze
sulle prestazioni degli strumenti.

  • Tanto
    per cominciare, la legge della rifrazione fa sì che i raggi luminosi
    siano poco deflessi lungo il loro cammino dalla presenza delle lenti
    (l’indice di rifrazione del vetro è circa 1,5), mentre gli specchi rimandano
    addirittura la luce indietro verso la sorgente. Pertanto delle leggere
    imperfezioni nella lavorazione delle lenti si riflettono in misura minore,
    rispetto agli specchi, sul degrado delle immagini; pertanto, a parità
    di bontà nella lavorazione, l’immagine dei rifrattori sarà meno degradata
    dai piccoli difetti delle superfici ottiche;
  • Mentre
    nei rifrattori la luce, dopo aver attraversato la lente principale,
    converge direttamente nel fuoco, nei riflettori, poiché il fuoco viene
    a trovarsi di fronte allo specchio, non è possibile raggiungerlo con
    l’occhio o con un qualsiasi strumento, siccome in tal caso si occluderebbe
    il cammino della luce. Pertanto i riflettori richiedono un secondo specchio
    (detto “secondario”), posto sull’asse ottico di fronte allo specchio
    principale (detto “primario”), che serve a proiettare il fuoco in una
    posizione accessibile all’utilizzatore. D’altro canto, il secondario
    (così come il supporto meccanico che lo tiene sospeso davanti al primario)
    occlude comunque, parzialmente, il tubo del telescopio e si può dimostrare
    che il suo effetto è quello, oltre che di ridurre la superficie utile
    di raccolta della luce, di generare una leggera perdita di contrasto
    nelle immagini. Di conseguenza, a parità di diametro (e di potere risolutivo,
    che è proporzionale a quest’ultimo) i rifrattori hanno una luminosità
    ed un contrasto leggermente superiori;
  • Nei rifrattori
    il tubo è chiuso anteriormente dalla lente mentre nei riflettori il
    tubo è generalmente aperto, dato che lo specchio primario è posto sul
    fondo. Di conseguenza all’interno di questi ultimi è più facile che
    si instaurino delle turbolenze, che deteriorano le immagini;
  • Con un
    buon trattamento anti-riflesso, si può riuscire a concentrare nel fuoco
    anche il 97-98% della luce incidente, mentre ad ogni riflessione si
    ha, nel migliore dei casi, almeno una perdita del 5% della luce. Ciò
    fa sì che i rifrattori raccolgano più luce dei riflettori di pari diametro.

Fin qui
parrebbe tutto a vantaggio dei rifrattori, ma altre considerazioni, soprattutto
economiche e di praticità, fanno pendere spesso la bilancia dalla parte
opposta:

  • Tanto
    per cominciare, mentre la legge della riflessione è rigorosamente vera
    per tutte le lunghezze d’onda della luce (cioè per tutti i colori),
    nella legge della rifrazione ci si accorge che l’indice di rifrazione
    cambia con la lunghezza d’onda; questo fatto fa sì che la luce dei diversi
    colori venga rifratta in modo leggermente diverso dalle lenti e non
    la si riesca a mandarla tutta nel fuoco. La causa di questo effetto
    è la cosiddetta aberrazione cromatica, che rende le immagini dei rifrattori
    dotati di una sola lente (e per questo detti “cromatici”) iridescenti
    e contornate da aloni “fantasma”. Per risolvere questo problema, si
    utilizzano due o più lenti con indici di rifrazione differenti, mediante
    i quali si riescono a mandare a fuoco nello stesso punto due o più colori
    e ridurre perciò il cromatismo. I telescopi con due lenti sono detti
    “acromatici” e fanno coincidere la luce rossa e blu, quelli a tre lenti
    sono gli “apocromatici” e fanno coincidere tre colori, quelli a quattro
    o più lenti sono i “super-apocromatici” ed “ultra-apocromatici”. Infine
    ci sono dei telescopi acromatici in cui una delle due lenti non è fatta
    in vetro ma in fluorite, un materiale con bassa dispersione che consente,
    oltre che far coincidere due colori, di rendere molto piccoli gli errori
    nel cammino ottico di tutti gli altri; questi telescopi sono detti “semi-apocromatici”.
    Da tutta questa trattazione se ne deduce che un telescopio rifrattore
    dignitoso deve avere almeno due lenti ed uno ottimo almeno tre. Ciò
    comporta che nei rifrattori bisogna lavorare da un minimo di 4 ad anche
    8-10 superfici ottiche (ogni lente ha due facce), mente nel riflettore
    solo 2 (le superfici del primario e del secondario); quindi i costi
    di lavorazione sono sensibilmente maggiori per i rifrattori.
  • Inoltre
    le lenti devono essere attraversate dalla luce, per cui devono essere
    perfettamente omogenee e prive di difetti, impurità o tensioni; ciò
    implica di utilizzare vetri di fusione di prima scelta, oltre che prodotti
    con indici di rifrazione perfettamente calcolati misurando le concentrazioni
    dei droganti immessi, con crescita dei costi. Viceversa il vetro dei
    riflettori è solo un supporto per lo strato di alluminio che genera
    la riflessione, per cui può essere anche di scarsa qualità. Quanto detto
    si riflette sui costi di produzione;
  • Ancora,
    l’alluminatura, cioè la deposizione dello strato riflettente sugli specchi,
    è un’operazione molto più semplice e meno costosa che non la deposizione
    dei trattamenti anti-riflesso sulle lenti;
  • Infine,
    si può dimostrare che l’aberrazione cromatica dei rifrattori è tanto
    minore quanto più lunga è la loro distanza focale; pertanto essi tendono
    ad essere costruiti con focali piuttosto lunghe e ad avere di conseguenza
    tubi lunghi ed ingombranti. Invece per i riflettori, sfruttando anche
    la possibilità di riflettere più volte il cammino di luce “avanti e
    indietro”, si possono ottenere tubi corti e compatti (sebbene anche
    il questo caso si dimostra che altre distorsioni delle immagini – aberrazione
    sferica, coma, astigmatismo – che si presentano negli specchi sono minimizzate
    allungando la focale).

Traendo
le conclusioni, dal punto di vista ottico i rifrattori sono, a parità
di diametro, indubbiamente meglio dei riflettori; questi ultimi hanno
però dalla loro un costo estremamente più contenuto, il che permette di
ottenere a pari spesa un telescopio più grande e quindi dalle prestazioni
maggiori.

Per completezza,
è bene infine aggiungere un paio di cose: tanto per cominciare nei telescopi
una delle componenti che incidono maggiormente sul prezzo è la montatura,
la quale deve essere stabile, robusta e con movimenti meccanici scorrevoli
e precisi, pena l’impossibilità di sfruttare il telescopio a causa delle
immagini traballanti. Infatti, i telescopi più economici sul mercato (i
cosiddetti Dobson) hanno montature estremamente spartane, che non permettono
di utilizzare il telescopio ad alti ingrandimenti.

Inoltre
esistono configurazioni ottiche “ibride”, dette catadiottriche, che sfruttano
sia lenti che specchi. Le prestazioni sono piuttosto variabili a seconda
della specifica configurazione considerata. Tieni comunque presente che
ogni configurazione ottica (riflettore, rifrattore o catadiottrico che
sia), è stata progettata per dare il meglio in una certa situazione (osservazione
del Sole, dei pianeti, delle galassie, fotografia, ecc…), per cui non
esiste in telescopio “migliore” in assoluto ma solo quello che da il meglio
su certi soggetti astronomici e si comporta in modo accettabile sugli
altri.

Ti potresti
chiedere, per concludere, perché, dato che in generale i rifrattori danno
immagini più dettagliate dei riflettori, i grandi telescopi, che sono
pagati da enti di ricerca nazionali che possono permettersi spese ingenti,
siano tutti riflettori. La risposta è che le lenti dei rifrattori devono
necessariamente essere sorrette ai bordi mentre gli specchi possono essere
supportati su tutta la superficie inferiore, perciò, si possono realizzare
specchi molto grandi e sorreggerli in modo tale che non flettano sotto
il loro stesso peso, mentre le lenti più larghe di circa 1m. non potrebbero
sopportare la forza di gravità senza deformarsi al punto da dare immagini
pessime.