Vorrei avere alcune notizie generali sulle onde elettromagnetiche (in astronomia) ed in particolare sull’effetto Doppler.

La tua domanda
è estremamente vaga e generale, per cui è difficile fornire una risposta
adeguata e completa in poche righe (pensa che esistono corsi universitari
della durata di 200 ore dedicati esclusivamente alle onde elettromagnetiche!).
Proverò comunque a fornirti qualche notizia, invitandoti a porre una ulteriore
domanda più mirata se non dovessi trovare nella seguente le notizie che
cerchi.

Un’onda
elettromagnetica è una oscillazione dei campi elettrico e magnetico, mutuamente
accoppiati, che si propaga nello spazio. Detto in parole più semplici,
una variazione del campo elettrico nel tempo genera un campo magnetico
e viceversa per cui i due campi, variando nel tempo, si sostengono l’un
l’altro e ciò permette loro di propagarsi a distanze indefinitamente grandi
dalla sorgente del campo stesso.
In particolare, quando la propagazione avviene nello spazio vuoto ed a
grande distanza dalla sorgente, le onde elettromagnetiche si presentano
come fronti piani caratterizzati esclusivamente dalla loro frequenza.
Per fronte piano si intende che il luogo geometrico dei punti che, in
un dato istante, presenta il campo elettrico (o quello magnetico) uguale
(ovvero con lo stesso modulo e fase), è un piano ortogonale alla direzione
di propagazione dell’onda.
L’osservatore verrà dunque investito progressivamente da questi fronti;
considerando solo quelli che presentano la massima intensità per il campo
elettrico, il numero di tali fronti che ci investe in un secondo è appunto
la frequenza (n) dell’onda. Poiché la velocità
di propagazione delle onde e.m. nel vuoto è esattamente la velocità della
luce (c), se ne ricava che la distanza spaziale tra due massimi è l=c/n
ed è detta lunghezza d’onda.
La lunghezza d’onda delle onde e.m. può variare di moltissimi ordini di
grandezza, per cui si usa compierne una suddivisione empirica, giustificata
dal fatto che i fenomeni fisici che le generano variano a seconda dell’intervallo
di frequenze considerato.
Per l maggiore di qualche cm., le onde e.m.
sono comunemente chiamate onde radio, da qualche cm. a circa 1mm. sono
dette microonde, seguono, fino a circa 700nm. (nanometri = 10-9
metri) di lunghezza d’onda le onde infrarosse, da 700 a 300nm. si ha la
luce visibile, quindi, fino a circa 10nm. ci sono le onde ultraviolette,
seguite dai raggi X che hanno l compreso tra 10nm. e 100pm.(picometri
= 10-12 metri), infine vengono i raggi gamma, la cui lunghezza
d’onda non ha un limite inferiore (almeno teoricamente).
Dunque,
come visto, la luce a cui è sensibile il nostro occhio è semplicemente
una piccola porzione dello spettro elettromagnetico, il che spiega come
mai le onde radio, le microonde, i raggi X e gamma si propaghino tutti
alla velocità della luce: sono tutti il medesimo fenomeno!

Semplificando
un po’, la luce infrarossa, visibile ed ultravioletta è prodotta nello
spazio dall’agitazione termica di elettroni all’interno di corpi molto
caldi (le stelle), la radiazione X e gamma dalla brusca accelerazione
di particelle cariche in presenza di forti campi magnetici o di fenomeni
esplosivi, le onde radio dall’interazione della luce ultravioletta con
elettroni dispersi nello spazio interstellare (effetto Compton), dunque
lo studio delle onde elettromagnetiche permette agli astronomi di venire
a conoscenza delle condizioni fisiche presenti nello spazio in cui si
sono generate. La nostra atmosfera assorbe però la maggior parte delle
lunghezze d’onda (a parte la luce visibile e una piccola porzione delle
onde radio), perciò lo studio del cielo nell’intero spettro elettromagnetico
richiede di porre satelliti in orbita dedicati a questo scopo.

Come detto,
il parametro che caratterizza le onde e.m. è la loro frequenza. Essa è
legata alla lunghezza d’onda dalla relazione

Nel momento
in cui però l’osservatore risulta in moto rispetto alla sorgente, esso
viene investito in un secondo da un numero di fronti d’onda diverso da
n ed in particolare da un numero maggiore se
il moto è nella direzione della sorgente ed un numero minore viceversa.
Quanto detto è comunemente detto effetto Doppler; se si immagina una sorgente
di colore giallo (il centro dello spettro visibile), se la sorgente è
in avvicinamento rispetto all’osservatore, la frequenza della luce emessa
apparirà maggiore (e l minore), per qui l’osservatore
osserverà uno spostamento del colore verso il blu (detto in gergo blue-shift),
viceversa, per una sorgente in allontanamento si osserverà uno spostamento
verso il rosso (red-shift). Dette l la lunghezza
d’onda vista dall’osservatore e l0 quella che
si vedrebbe in un sistema di riferimento a riposo rispetto alla sorgente,
il red-shift viene comunemente misurato con la grandezza:

che esprime
di quale percentuale si è dilatata la lunghezza d’onda. Come puoi notare,
Z è positivo per i red-shift e negativo per i blue-shift; la scelta è
dovuta al fatto che la maggior parte delle galassie è in allontanamento
da noi a causa dell’espansione dell’universo, per cui è comodo avere Z
quasi sempre positivo. Si dimostra che, se il moto relativo (v) tra la
sorgente e l’osservatore è molto minore della velocità della luce, si
ha che

per cui,
essendo Z misurabile e c noto, è possibile risalire alla velocità di allontanamento
della sorgente; invece, quando v diventa comparabile con c, è necessario
introdurre una correzione relativistica, dovuta al fatto che la somma
delle velocità non può essere maggiore di c, per cui si ottiene che

Come puoi
vedere, quando v si avvicina a c, Z tende all’infinito, il che significa
che la luce visibile proveniente da oggetti che si allontanano da noi
a grande velocità tende ad essere fortemente dilatata verso le microonde
e che gli oggetti in allontanamento da noi a velocità maggiore hanno Z
più elevato. Attualmente gli oggetti celesti noti con Z maggiore sono
dei quasar aventi Z vicino a 5.