Sarei curioso di conoscere le tecnologie che permettono l’analisi del sottosuolo dalla superfice. Ad esempio, quali strumenti si usano per individuare cedimenti sotto il manto stradale? Sonar? Radar? Che profondità possono raggiungere?

analisi sottosuolo

Premessa

I metodi di indagine geologica a cui il lettore si riferisce sono detti “No-Dig“, cioè senza scavare, e permettono di individuare alcune caratteristiche del sottosuolo senza fare sondaggi, risparmiando quindi tempo e risorse, ed evitando il danneggiamento di eventuali strutture esistenti (p.es strade).
Va tuttavia precisato che, per avere informazioni dettagliate, ad esempio sulle cause di cedimenti sotto il manto stradale, occorrono indagini di tipo geotecnico tra le quali l’unica non distruttiva è la prova di carico su piastra.

Le indagini No-Dig vengono effettuate attraverso la misura dei parametri fisici di campi elettrici, magnetici, elastici, gravitazionali, che possono essere naturali o appositamente generati. Tali indagini sono quindi chiamate Prospezioni Geofisiche. Una prima classificazione è basata sulla natura dei campi misurati: se sono naturali le prospezioni sono dette passive: si ha bisogno solo di strumenti di misura, viceversa per raggiungere profondità maggiori occorre fornire energia, e usare prospezioni geofisiche attive.

Come suggerisce il lettore, una delle tecniche di indagine più note sfrutta i principi del radar, opportunamente modificato in “georadar” per avere un potere penetrante nel sottosuolo.
Il sonar propriamente detto viene utilizzato principalmente in ambiente marino, dove le onde acustiche si propagano con facilità. Le tecniche sismiche sono comunque molto simili come principio di funzionamento al sonar.

Tecniche e strumenti d’indagine

Le più note tecniche di indagine sono: il georadar, le geoelettriche e le sismiche per quanto riguarda quelle attive; il metodo gravimetrico e quello magnetometrico sono invece passivi.

Georadar
A vederlo assomiglia di più ad un aspirapolvere o ad un tosaerba, è molto diverso dai radar che siamo abituati a vedere per il controllo del traffico aereo, anche se il principio di funzionamento è lo stesso. Il georadar (vedi fig. 1 e 2) ha un antenna (o un array di antenne), orientata con la faccia a terra; emette impulsi di onde elettromagnetiche e riceve gli echi prodotti dalle discontinuità negli strati del sottosuolo, dagli oggetti metallici o conduttivi, dalle cavità.


Figura 1 – Un georadar
(da: http://www.geomodel.com/).

Figura 2 – Un georadar autotrasportato
(da: http://www.geomodel.com/).

Dalla misura del tempo di ritardo dall’emissione dell’impulso alla ricezione dei segnali riflessi si risale alla profondità delle discontinuità:

dove c è la velocità delle onde elettromagnetiche nel suolo, e Δt è il ritardo.

La caratteristica principale, per avere un buon potere penetrante, è la banda di frequenze, che va da circa 50 MHz a
2 GHz.
La massima profondità di indagine con il georadar è legata alla profondità di penetrazione (skin depth) delle onde elettromagnetiche nei mezzi conduttivi:

dove µ è la permeabilità magnetica, ω la pulsazione, e σ la conducibilità del terreno.

Si vede che la profondità aumenta al diminuire della frequenza. Tuttavia con frequenze basse aumenta la lunghezza d’onda, e quindi peggiora il potere risolutivo del radar: bisogna raggiungere un compromesso tra profondità e risoluzione, e questo dipende dall’applicazione:

ad esempio per controllare la presenza di condutture in un muro di cemento (vedi fig. 3) occorre una bassa profondità e una buona accuratezza, si utilizzano allora le bande di frequenza più alte.


Figura 3 – Uso di un georadar per controllare la presenza di tubazioni nel muro (da http://www.geomodel.com/).

Per terreni ricchi di acqua o comunque colto conduttivi la sigma cresce, la profondità di penetrazione diminuisce molto e conviene utilizzare altri metodi di indagine.
In condizioni ottimali di suolo roccioso isolante e asciutto (p. es.: rocce ricche di quarzo) si ha una resistività di 10.000 ohm m, che alla frequenza di 100 MHz dà una skin depth di circa 5 m. Utilizzando alte potenze e ricevitori sensibili si possono raggiungere profondità di indagine fino a 50-100 m, mentre con terreni umidi, con strati conduttivi e riflettenti, si raggiunge qualche metro.

Il segnale ricevuto dal radar viene elaborato per creare un’immagine, in sezione, quasi fotografica del sottosuolo. Il risultato è simile a quello che si ottiene nelle schermografie del corpo umano con i raggi X (vedi fig. 4).


Figura 4 – Segnale ricevuto dal georadar ed elaborato
(da: http://www.analisidifesa.it/numero20/ef-groundradar.htm).

Le applicazioni del georadar sono molte, si va dalle applicazioni geologiche: per la stratigrafia e l’analisi delle sequenze sedimentarie, per le prospezioni geominerarie e petrolifere; alle applicazioni civili: per il controllo delle strutture, delle strade e dei ponti, per la ricerca e la mappatura dei servizi; all’archeologia: nella ricerca di oggetti e cavità sepolte; alle applicazioni ambientali: per il controllo di perdite di liquidi, per la misura dello spessore dei ghiacci; etc.

Prospezioni Geoelettriche
Questo tipo di indagine è forse il più antico, ma ha il vantaggio di essere molto semplice e poco costoso. Consiste nel misurare in diversi punti del suolo, mediante opportuni stendimenti di elettrodi, la resistività apparente; l’elaborazione al calcolatore (imaging) di queste misure permette di visualizzare i risultati in forma di immagini tomografiche molto esplicative (vedi fig. 5).


Figura 5 – Sezione tomografica prodotta da una prospezione geoelettrica
(da: http://www.studioacme.net/serv01.htm).

Per misurare la resistività si immette una corrente I nel suolo con uno o due elettrodi di corrente e si registra la differenza di potenziale ΔV tra due elettrodi di misura di tensione.
Il rapporto tra la ddp e la corrente immessa, moltiplicato per un coefficiente correttivo K che dipende dalla geometria degli elettrodi dà la resistività del suolo (tra i due elettrodi di tensione):

Esistono varie geometrie per posizionare questi elettrodi (a dipolo, tripolo, quadripolo Wenner e Schlumberger: vedi fig. 6); questi ultimi due sistemi prevedono l’infissione di quattro picchetti di metallo nel terreno, l’immissione di corrente in quelli posti alle estremità (chiamati “A” e “B”) e la misura delle differenze di potenziale in quelli posti all’interno (chiamati “M” ed “N”). Nel quadripolo “Wenner” gli elettrodi sono ugualmente spaziati tra loro, cosicché A-B = 3(M-N) mentre, nel quadripolo Schlumberger, la distanza tra gli elettrodi di corrente A-B è molto maggiore di quella tra gli elettrodi di potenziale M-N.


Figura 6 – Quadrupoli di Wenner e Schumberger.

Si possono fare dei profili di resistività (Sondaggi Elettrici Orizzontali): lo stendimento viene mantenuto con una geometria fissa e traslato, per intero, secondo un percorso prefissato. Operando in questa maniera è possibile, quindi, indagare una profondità grossomodo costante di terreno, mettendo in luce eventuali variazioni laterali presenti nel sottosuolo.
Oppure si possono fare dei Sondaggi Elettrici Verticali: viene mantenuto fisso il centro dello stendimento e viene progressivamente aumentata la distanza fra gli elettrodi di corrente A-B, aumentando via via la profondità dell’indagine (vedi fig. 7).

È quindi possibile ricostituire un profilo del terreno sulla base di un confronto fra le curve registrate in campagna e opportuni abachi precalcolati che si rifanno a situazioni geometricamente semplici, ottenendo infine le sezioni tomografiche come quella in figura 5.


Figura 7 – Sondaggi Elettrici Verticali e Orizzontali.

Le prospezioni geoelettriche, insieme a quelle sismiche, sono le indagini geofisiche più conosciute e usate per il rilievo di strutture sepolte, rinvenimento di falde acquifere, studio di agenti inquinanti e ricerca di discariche. In passato sono state utilizzate per indagini a grande scala (si possono fare velocemente misure automatizzate su stendimenti di centinaia di elettrodi, per lunghezze fino a qualche km, e raggiungendo profondità di centinaia di metri), successivamente, con l’affinarsi delle metodologie sono state applicate anche a piccola e a micro scala per indagini, ad esempio, sulle pavimentazioni stradali. In ambito archeologico si possono distinguere discretamente i riempimenti ed i resti di strutture in muratura. L’insensibilità per la maggior parte delle interferenze di origine antropica come ad esempio vibrazioni o presenza di masse metalliche ne fanno un valido metodo di indagine in molte situazioni.

Prospezioni sismiche
Il metodo sismico si occupa dell’esplorazione del sottosuolo attraverso lo studio della propagazione delle onde elastiche generate mediante l’utilizzazione di masse battenti o tramite esplosioni controllate. L’impiego dell’una o dell’altra fonte di energizzazione dipende essenzialmente dalla profondità d’investigazione richiesta e dallo scopo dell’indagine. Il fine delle indagini sismiche è di risalire a modelli di terreni caratterizzati da una differente velocità delle onde elastiche, nell’individuare i loro spessori e la loro distribuzione spaziale. Inoltre poiché la velocità delle onde elastiche di volume (onde “P” ed onde “S”), è funzione dei parametri elastici del mezzo in cui si propagano, conoscendone la densità, si possono ricavare i moduli elastici dinamici che caratterizzano il mezzo stesso. È valido quindi per ricerche stratigrafiche e per molti problemi di ingegneria.
Il metodo sismico, in altre parole, consente la ricostruzione di rappresentazioni bidimensionali della distribuzione della velocità delle onde sismiche tra l’energizzatori e rilevatori (geofoni, vedi fig. 8), misurandone il tempo di propagazione (vedi fig. 9).


Figura 8 – Geofoni.

Figura 9 – Segnali di una prospezione sismica.

Le onde sismiche, attraversando le rocce, risentono dei differenti stati geomeccanici della roccia quali, ad esempio, la presenza di intense fasce di fratturazione o di zone a maggiore o minore velocità sismica quali giacimenti minerari o presenza di acqua. L’analisi delle immagini tomografiche consente di identificare zone fratturate all’interno di rocce, rinvenire giacimenti minerari, scoprire inquinanti.

Il metodo sismico ha generalmente una risoluzione bassa, a causa della difficoltà di discriminazione di differenze di tempi estremamente piccole (centesimi e millesimi di millisecondo), legate alla interferenza del segnale sismico provocato con le anomalie sepolte; ma è un ottimo metodo di indagine a media e larga scala. Con il metodo della massa battente si raggiungono profondità di poche decine di metri, mentre utilizzando esplosioni è possibile allungare gli stendimenti di geofoni e conseguentemente raggiungere profondità di indagine maggiori.
Non dimentichiamo che molte delle informazioni che abbiamo sulla struttura dell’interno della Terra sono frutto delle elaborazioni dei dati sismici dei terremoti (in questo caso la grande energia liberata permette alle onde di propagarsi per tutto il pianeta).

Misure Gravimetriche
Il metodo gravimetrico consiste in una analisi dettagliata delle deformazioni del campo gravitazionale terrestre, indotto dalle anomalie e dalle eterogeneità presenti nel sottosuolo.

La gravimetria, e più in particolare la microgravimetria, è un metodo geofisico impiegato nella mappatura delle densità rocciose e nella ricerca di cavità sotterranee naturali e/o artificiali. L’applicazione del metodo gravimetrico é basata sul contrasto di densità tra i diversi tipi di roccia presenti, o, come nel caso della ricerca di ipogei e di fenomeni di carsismo, tra la roccia e la cavità.

Attraverso l’utilizzo di strumenti di misura (vedi fig. 10) di particolare sensibilità e precisione, i microgravimetri, è possibile misurare le perturbazioni del campo gravimetrico e da queste risalire alla conformazione del sottosuolo e indicare la possibile presenza di cavità sotterranee.


Figura 10 – Vecchio e nuovo gravimetro assoluto dell’imgc-cnr
(da: Sito C.N.R.).

Misure Magnetometriche
Le indagini magnetometriche vengono eseguite con una particolare strumentazione (magnetometro al cesio o ad effetto overhauser; vedi fig. 11) che misura sia le variazioni del campo magnetico terrestre causate da oggetti metallici che minime percentuali di materiale ferromagnetico presente nel terreno.


Figura 11 – Magnetometro al cesio
(da: www.ingrm.it/geomag/AMBIENTE/strum.htm).

L’area oggetto d’indagine viene percorsa dall’operatore compiendo profili paralleli nelle due direzioni degli assi principali (X,Y) a copertura di tutta la superficie, eseguendo una maglia di indagine con passo di ripetizione variabili tra 1 e 5 m, in relazione alle dimensioni presunte del bersaglio che si intende localizzare.
Lungo i tracciati vengono acquisiti in tempo reale i valori della variazione verticale del campo magnetico terrestre; le misure effettuate vengono poi interpolate e georeferenziate.
Con un software dedicato sarà creata una mappa del gradiente magnetico verticale del sito (vedi esempi 1-2). La mappa così ottenuta permette una facile individuazione ed interpretazione delle anomalie riscontrate, garantendo una profondità di esplorazione di qualche metro.
Eventuali anomalie magnetiche individuate, non attribuibili a corpi superficiali (tubazioni affioranti o tombini), vengono segnalate su una planimetria per poi essere soggette ad ulteriori controlli (altre indagini geofisiche o scavi mirati).

Bibliografia e links:
Ardito Desio – Geologia applicata all’ingegneria – Hoepli
Roberto Gulli, Gerardo Lacagnina – Guida alla relazione geologica – Dario Flaccovio Editore
Pietro Colombo – Elementi di geotecnica.

http://www.geomultiservice.com/geofisica.htm

http://www.gen-eng.florence.it/geosurvey/00_main/main.htm

http://www.analisidifesa.it/numero20/ef-groundradar.htm

http://www.geomodel.com/

http://www.studioacme.net/index.htm

http://www.sicildrill.com/
http://www.lucabaradello.it/georadar.html

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http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=7034

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=1704