esistono metodi di analisi standardizzati per la misura della concentrazione di fibre di vetro disperse in un ambiente coibentato con lana di vetro ? In tal caso vi sono valori massimi di riferimento prescritti (o raccomandati) da enti nazionali e/o stranieri ? Grazie.

Vialattea si è occupata di lana di vetro e di roccia alle seguenti pagine a cui faccio riferimento

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?numero=7817

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=8256

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=2804

In particolare alla seconda risposta sono riportati due link alle schede internazionali di sicurezza che riportano i limiti massimi di esposizione dei due materiali.

Per quanto riguarda l’analisi della fibra di lana di roccia e di vetro si segue l’analisi dell’amianto. L’aria che si suppone contenere particelle di fibra di vetro o di roccia viene filtrata con appositi filtri resistenti agli acidi forti in mod da eliminare tutte le sostanze e le particelle minerali solubili negli acidi.

In seguito si procede all’analisi del filtro per individuare le fibre di lana di roccia e di vetro.

Questa analisi viene effettuata da personale specializzato con microscopio ottico per anlisi generalizzata e conteggio totale, oppure con microscopio elettronico a scansione (SEM) od infrarosso (IRM) per analisi dettagliata su ciascuna fibra a scoppo identificativo. Lo spettro a raggi X che si ottiene del SEM o lo spettro infrarosso che si ottiene dal IRM forniscono una risposta precisa sulla natura della fibra analizzata.

La legislazione di riferimento in materia di amianto è la seguente:

  1. D.M. 06.09.1994, allegato 2.
  2. Per la fibra di vetro:
  3. Circolare Min.Sanità , n. 172, 20 dicembre 1991

Riporto di seguito un estratto dalla circolare ministeriale (Rif. N.4 nella legislazione) poichè riporta alcune definizioni e dettagli di interesse:

I.7 – Concentrazioni ambientali

Livelli di esposizione negli ambienti di lavoro
Nonostante un metodo di riferimento per la determinazione delle MMVF aerodisperse negli ambienti di lavoro sia stato introdotto solo recentemente, numerose indagini ambientali sono state effettuate negli impianti produttivi di lana di vetro e roccia; nella tabella 1 sono riportate le concentrazioni medie di fibre respirabili riscontrate in impianti europei per la produzione di lana di roccia e di vetro, in diversi periodi.
I valori delle medie aritmetiche calcolati in indagini su diversi impianti sono tra loro abbastanza omogenei e danno valori intorno a 1/10 di fibra per cm3; si differenzia il valore trovato nel 1980 su un impianto di produzione di lana di roccia con un valore molto prossimo ad una fibra per cm3.
Nelle tabelle 2, 3, 4 e 5 dono indicati i risultati delle indagini effettuate in tre stabilimenti in Italia; i risultati sono divisi tra prelievi per stabilire l’inquinamento dell’aria degli ambienti di lavoro e prelievi per valutare l’esposizione lavorativa degli addetti nei tre stabilimenti esaminati. Per un dettaglio espositivo i risultati sono stati suddivisi anche per le diverse aree lavorative degli stabilimenti e, per quanto riguarda gli addetti, per le differenti mansioni.
Interessante risulta l’esame dimensionale delle fibre rilevate con indicazione delle presenze percentuali delle fibre nelle varie classi granulometriche (tab. 6); si evidenzia come le fibre più presenti (circa l’80%) sono quelle con diametri tra 1 e 5 micron mentre le lunghezze più frequenti sono tra 10 e 30 micron. In una ulteriore tabella (n. 7) sono riportate le concentrazioni di MMMF aerodisperse nelle fasi applicative.; in queste situazioni, in qualche caso, si sono riscontrati valori abbastanza elevati, e comunque sempre al di sotto di una fibra, soprattutto allorché i materiali erano costituiti da lane minerali friabili.

Livelli di esposizione negli ambienti di vita
La valutazione dell’eventuale inquinamento da fibre di vetro dell’ambiente di vita deve tener conto di due situazioni tra loro ben differenti:
la prima situazione è quella che si riferisce all’ambiente di vita in generale, agli spazi aperti dove si è già detto le fonti inquinanti sono essenzialmente dovute alle emissioni degli stabilimenti di produzione ed alle emissioni più diffuse, legate alle fasi di installazione di manufatti e, soprattutto, alle fasi di demolizione dei manufatti contenenti le lane di vetro e di roccia;
la seconda situazione è quella che si verifica nell’”indoor”, dove l’inquinamento da fibre di vetro può essere dovuto all’impiego di vari materiali coibentanti nelle canalizzanti di conduzione di aria condizionata. Per quanto riguarda la prima situazione una valutazione dell’inquinamento è tutt’altro che facile.
Le indagini per il controllo della presenza di fibre aerodisperse possono essere fatte utilizzando sistemi di analisi che fanno ricorso alla microscopia elettronica a scansione con sistemi di analisi puntuale a raggi X; sono sistemi di analisi particolarmente laboriosi e costosi. Sono stati spesso utilizzati per il controllo della presenza delle fibre di amianto, ma molto pochi sono i casi di indagini finalizzate al controllo delle fibre di vetro.

Nel 1971 fu eseguita una ricerca per valutare le dispersioni di fibre vetrose, all’esterno di tre edifici, originate dalla possibile erosione da sistemi di trasporto d’aria rivestiti con pannelli in fibre di vetro.
Furono prelevati alcuni campioni d’aria di livello dei tetti posti nel campus dell’Università californiana di Berkeley, nonché altri campioni d’aria in altre zone.
Il metodo analitico è stato la microscopia ottica a contrasto di fase e l’analisi petrografica.
Le concentrazioni medie delle fibre vetrose a livello dei tetti sono risultate dell’ordine dello 0,27 ff/l (fibre per litro) con un intervallo compreso tra 0,05 e 1,2 ff/l.
I risultati di queste ultime determinazioni potevano però includere anche fibre differenti da quelle di vetro ed avevano perciò carattere solo indicativo.

Lo stesso autore ha pubblicato nel 1976 i risultati di uno studio successivo nel quale i livelli atmosferici delle fibre vetrose sono stati determinati in 36 campioni di aria/ambiente prelevati i varie località della California.
I conteggi delle fibre vetrose sono stati eseguiti combinando i conteggi a microscopio ottico delle fibre con diametri maggiori di 2,5 micron, con i conteggi a microscopio elettronico delle fibre con diametri uguali o minori di 2,5 micron.
La concentrazione media delle fibre vetrose è risultata di 2,6 ff/l ed era circa 1/3 del materiale fibroso totale nei campioni.

Uno studio del 1985 riporta i risultati di un’indagine finalizzata a determinare l’entità dell’inquinamento da fibre vetrose in una località rurale ed in tre città nella Germania Federale. Sono stati prelevati da 9 a 21 campioni di aria/ambiente in ciascuna posizione, le analisi dei campioni sono state eseguite con il TEM (Transmission Electron Microscope).
La concentrazione media delle fibre vetrose variava da un minimo di 0,04 ff/l nella località rurale ad un massimo di 1,7 ff/l in una delle tre città. I diametri medi delle fibre vetrose erano compresi nell’intervallo tra 0,25 a 0,89 micron.

Altre indagini sono state condotte ma senza un riferimento preciso alle fibre di vetro, in quanto mirate al controllo della presenza delle fibre minerali, sia naturali che artificiali, e tra quelle artificiali non è possibile conoscere l’apporto delle fibre vetrose.

Per quanto riguarda l’inquinamento da fibre vetrose negli ambienti confinati (“indoor”) si è già detto che questo è direttamente correlato al rilascio di fibre da coibentazioni per l’isolamento e da filtri negli impianti di aerazione.
In una recente rassegna vengono riportati (tab. 8) i risultati di una serie di indagini effettuate in ambienti confinati per la valutazione di MMMF.

La Clinica del lavoro di Milano ha eseguito alcune indagini in spazi confinati al fine di valutare le dispersioni di fibre vetrose da soffitti coibentati da MMMF.
Sono state controllate le stazioni sotterranee della metropolitana milanese e vari uffici in un industria metalmeccanica.
Nella metropolitana milanese 14 stazioni presentavano controsoffittature in vari tipi di mianto e 4 stazioni in fibre vetrose.
I pannelli vetrosi contenevano fibre con diametri compresi tra 15 e 8 micron con limitate proporzioni (0,5-3%) di fibre vetrose respirabili.
In queste stazioni sono stati eseguiti complessivamente 18 campionamenti ambientali statici; le determinazioni sono state eseguite con microscopia ottica a contrasto di fase.
I risultati possono essere così sintetizzati: in una stazione (6 prelievi) le concentrazioni atmosferiche delle fibre vetrose respirabili sono risultate comprese nell’intervallo tra 1,5 e 1.0 ff/l, nelle restanti stazioni tali concentrazioni sono risultate tutte inferiori a 1 ff/l.

Gli uffici dell’industria metalmeccanica in numero di 15, presentavano ai soffitti coibentature in fibre vetrose con diametri per il 95% circa compresi tra 20 e 5 micron; in 2 uffici tali coibentature erano visivamente deteriorate.
Negli uffici con coibentature integre le concentrazioni numeriche nell’atmosfera delle fibre vetrose “regolamentate” sono risultate comprese tra 2,2 1,1 ff/l; negli uffici con coibentature deteriorate le concentrazioni sono risultate comprese tra 2,8 e 2,4 ff/l.

Alcuni autori hanno effettuato delle prove in una galleria del vento appositamente studiata per valutare il grado di inquinamento causato dai pannelli in lana di vetro utilizzati per la coibentazione.
Si è dimostrato che pannelli non trattati determinano un inquinamento calcolato tra 200/500 ff/l per mq di superficie esposta alla movimentazione dell’aria. Le prove effettuate su superfici trattate con velo hanno fatto rilevare una dispersione di fibre del tutto trascurabile, non valutabile a livello quantitativo e comunque dello stesso ordine di grandezza del fondo.

I.8 – Metodiche d’analisi

È da poco tempo che il controllo dell’esposizione negli ambienti di lavoro alle fibre minerali artificiali viene effettuato attraverso il conteggio delle singole fibre con un’indicazione delle caratteristiche dimensionali delle stesse per una valutazione di quelle respirabili (fibre regolamentate, lunghezze maggiori di 5 micron, diametri minori di 3 micron e rapporti di allungamento maggiori o uguali di 3). Fino a poco tempo fa infatti il controllo, mirato soprattutto agli impianti di produzione, veniva effettuato attraverso una valutazione ponderale del materiale particolato aerodisperso.
È da poco tempo pertanto che sono stati messi a punto dei metodi d’analisi per la valutazione del numero di fibre aerodisperse, come quello di riferimento introdotto per iniziativa del WHO (1981) che è un metodo di microscopia ottica in contrasto di fase. Per la valutazione dell’inquinamento da fibre nell’ambiente di vita l’impiego della microscopia ottica a contrasto di fase non è più sufficiente ma si deve ricorrere alla microscopia elettronica a scansione (SEM) o alla microscopia elettronica a trasmissione (TEM).
Per valutare il livello di contaminazione di fibre vetrose nell’ambiente di vita si conteggiano le fibre con le dimensioni di quelle regolamentate, essendo il limite inferiore del diametro compatibile con il potere risolutivo del microscopio utilizzato che si ricorda è, a livello teorico, per il microscopio a contrasto di fase di 0,25 micron, per il SEM 0,05 micron, e il TEM 0,005 micron.
È evidente come la differente possibilità risolutiva dei 3 apparecchi analitici sopra riportati condizioni fortemente le valutazioni finali e come di conseguenza la microscopia analitica a trasmissione con il maggior potere risolutore e capacità di identificazione (TEM con area selezionata a diffrazione di elettroni (SAED) e analisi ai raggi X a dispersione di energia o a dispersione di lunghezza d’onda (EDXA) sia la metodica migliore per l’analisi delle fibre nell’inquinamento generico dove le fibre vetrose costituiscono solo una piccola frazione di particolati aerodispersi fibrosi e non.