Sono un’appassionata di Africa in genere e dell’Etiopia in particolare. Ho letto su una pubblicazione della FAO che i maggiori problemi ambientali dell’Etiopia sono legati all’erosione del territorio, causata dalla massiccia deforestazione e dalla “sovrapastorizia”, cioè il superamento delle “capacità di carico” di queste terre destinate al pascolo. Mi piacerebbe sapere in che modo il bestiame “impatta” sul territorio, ossia come il pascolo eccessivo può rovinare un terreno.

Immagine da satellite che documenta la desertificazione in Etiopia. 

 

Zona di deforestazione in Etiopia.

La domanda, pur meritando una più ampia trattazione,
permette di trattare quanto richiesto considerando l’ambiente e la biosfera
che ci circonda e ci comprende come un sistema dinamico, costituito a
sua volta da altri sistemi dinamici di dimensioni più piccole.

Spesso ritroviamo in questi ultimi una specie di gioco
delle scatole cinesi: si ha cioè un processo di autosomiglianza, di autoreplicazione
su scale differenti dove i controlli di azione e di retroazione si sviluppano
in modo non sempre (meglio: quasi mai) completamente comprensibili.

Già nel 1838 il matematico Verhulst aveva proposto un’equazione
(definita logistica) che permetteva di trattare anche problematiche di
questo tipo. L’equazione ha dimostrato:

a) dei vantaggi:

– in passato ha svolto un ruolo importante  nell’ sviluppo della moderna ecologia;

– è una funzione matematica relativamente semplice da
gestire (anche con un foglio elettronico, per attivare delle simulazioni);

– descrive una curva di accrescimento (sigmoide) che
tende ad una capacità portante stabile (K).

b) degli svantaggi (ne cito solo uno):

– è solo una delle diverse equazioni che danno un tale
tipo di grafico.

 

Ogni ambiente è instabile, e questa situazione si può
tentare di ridurla a parametri più o meno costanti oppure variabilissimi,
incomprensibili (che ci sembrano caotici). Ogni essere vivente fa parte
di una catena, ma nache di una più complessa rete alimentare e di trasferimento
energetico attraverso le biomasse nutritizie. Noi non possiamo sapere
a priori se l’eliminazione di una specie (anche se formata da un numero
limitato di individui e che magari vive su di un areale ristretto) sia
molto importante o da sottovalutare. Purtroppo con centri comportamenti
di sfruttamento dell’ambiente (o anche di iper-protezione), l’Uomo ha
imposto ed impone delle accelerazioni impreviste e degli scenari inaspettati,
attribuiti semplicisrticamente alla fatalità.

In aree come quelle dell’Etiopia (ma non solo), la deforestazione
provoca alcuni effetti:

– viene tolta quella vegetazione che, se rimanesse in
posto, permetterebbe di mantenere attivo a tutti i livelli un adeguato
ciclo di rinnovamento bio-geo-chimico;

– se ci sono i vegetali, i processi di evapo-traspirazione
consentono un adeguato tenore medio di umidità relativa, oltre ad avere
il mantenimento degli stessi vegetali in loco;

– se ci sono i vegetali, l’acqua delle precipitazioni
meteoriche (specie quelle intertropicali) viene vaporizzata dall’urto
con le parti aeree delle piante, facendo diminuire notevolmente l’energia
cinetica e la capacità erosiva delle gocce che arrivano al suolo.

Anche le presenze degli animali (erbivori) legati alla
vita di quelle popolazioni interferiscono con l’ambiente. Vengono scelte
determinate aree di pascolo, sulle quali l’attività di calpestio è tutt’altro
che casuale. Poiché le piante non crescono a caso sul territorio, è chiaro
che stesse sono fatte oggetto di predazione preferrenziale da parte degli
erbivori. Non solo: vengono lasciate da parte le malerbe e le piante che
non incontrano il gradimento in termini di nutrizione o di gustosità.
Se queste ultime non vengono eliminate è chiaro che l’area adibita a pascolo
tende progressivamente a ridursi, facendo diminuire via via anche il misero
profitto che le popolazioni interessate possono trarre per un loro dignitoso
sostentamento.

Vorrei infine segnalare che il sovra-pascolo limitato
ad aree ristrette e l’abbandono progressivo di una cura continua nelle
aree di alpeggio sta provocando anche in Italia il veloce decadimento
di una attività che fino a qualche decennio fa era un punto forte della
nostra agricoltura.