Quali effetti può provocare un campo elettromagnetico generato da un magnete in ambiente domestico?

Se ho interpretato
bene la domanda, credo che essa si voglia riferire ai magneti permanenti,
comunemente detti anche calamite. Come tutti sanno, si tratta di
oggetti abbastanza comuni anche in casa, dove trovano applicazione, per
esempio, negli altoparlanti di radio, TV e Hi-Fi, nelle serrature degli
sportelli di mobili o elettrodomestici (soprattutto frigoriferi) o per
realizzare quei gadgets di varia forma con cui “appendere” note e appunti
alle superfici metalliche.

Questi oggetti
non generano un campo elettromagnetico, ma unicamente un campo
magnetico costante nel tempo, cioè un campo magnetostatico.
Colgo quindi l’occasione offerta dalla domanda per parlare un po’ diffusamente
del campo magnetostatico.

L’intensità
del campo magnetico (o meglio della densità di flusso magnetico)
si misura in tesla (simbolo T) e sottomultipli (millitesla,
mT e microtesla, µT). Una unità abbastanza comune in passato e
ancora oggi talvolta usata, sebbene non ammessa nel sistema internazionale,
è poi il gauss (simbolo G). Per confrontare le due unità di misura
basta ricordare che:


1
T = 104 G = 10000 G

quindi:


1
G = 10-4 T = 0,0001 T = 0,1 mT = 100 µT

e:


1
µT = 10 mG

L’intensità
del campo magnetico generato dai magneti permanenti varia molto in funzione
del tipo e delle dimensioni dell’oggetto considerato. L’ordine di grandezza
per calamite di dimensioni comuni può essere attorno a 1 ÷ 10 mT in
stretta prossimità (dell’ordine del cm) delle espansioni polari
. Per
fare un altro esempio, il campo generato dalla banda magnetica delle comuni
carte tipo bancomat, misurato a stretto contatto con la banda stessa,
si aggira sugli 0,1 mT. L’intensità del campo magnetostatico generato
dalle calamite decresce molto rapidamente allontanandosi dalla sorgente:
almeno come il quadrato della distanza, finché si resta nei pressi di
uno dei due poli, altrimenti addirittura come il cubo della distanza.

Non si può
escludere che un campo magnetostatico possa avere qualche influenza sugli
organismi biologici: per esempio, sembra certo che gli uccelli migratori
riescano ad orientarsi proprio grazie a sensori in grado di percepire
le linee di forza del campo magnetico terrestre (che è appunto un campo
magnetostatico, di intensità compresa etra 30 e 70 µT).

A differenza
del campo magnetico variabile nel tempo, il campo magnetostatico non è
in grado di indurre correnti elettriche nei tessuti degli organismi esposti,
almeno fino a che questi sono a riposo. Esistono però altri due meccanismi,
come minimo, per mezzo dei quali anche un campo statico può interagire
con un organismo biologico.

  1. Induzione
    magnetica

    Il campo magnetostatico è in grado di indurre una tensione elettrica
    nei fluidi organici in circolazione, in particolare nel grossi vasi
    arteriosi dove la velocità del sangue è maggiore (forza di Lorentz).
    Esso può indurre una tensione elettrica anche in altre parti dell’organismo,
    nel caso queste vengano mosse all’interno del campo stesso (induzione
    di Faraday
    ).
  2. Interazioni
    magnetomeccaniche

    Il campo magnetico esercita una coppia torcente sulle molecole biologiche
    diamagnetiche o paramagnetiche, tendendo così ad orientarle con la direzione
    del campo stesso. Inoltre, un campo magnetico fortemente disomogeneo
    (cioè rapidamente variabile da un punto all’altro dello spazio) può
    esercitare una forza netta sulle molecole paramagnetiche e ferromagnetiche,
    costringendole a movimenti di tipo traslatorio.

Quali effetti
sanitari, o comunque avvertibili, possono derivare da questi meccanismi
di interazione? Studi su lavoratori professionalmente esposti ad intensi
campi magnetostatici hanno evidenziato una casistica assai multiforme
di sintomatologie per lo più soggettive (irritabilità, affaticamento,
mal di testa, perdita di appetito ed altro), senza che sia stato possibile
stabilire un sicuro rapporto causa-effetto. Altri tipi di disturbi, un
po’ più oggettivi e riproducibili (vertigini, nausea, percezione di sapore
metallico, fosfeni), sono stati riscontrati in individui in movimento
dentro un campo magnetostatico di almeno 4 T. Sembra si possano escludere,
invece, conseguenze sanitarie come tumori o altre patologie gravi.

Più in generale,
nessun effetto negativo è mai stato associato ad esposizioni transitorie
a livelli inferiori ai 2 T. Su questa osservazione si fondano le raccomandazioni
emanate nel 1994 dall’ICNIRP (vedere sotto), forse la più autorevole organizzazione
normativa internazionale per le radiazioni non ionizzanti. I limiti specificati
in tali raccomandazioni, nelle varie situazioni di esposizione, sono riassunti
nella tabella sottostante.

Esposizioni professionali Esposizione continua, corpo intero max. 200 mT
Esposizioni brevi, corpo intero max. 2 T
Esposizioni brevi, solo arti max. 5 T
Popolazione comune Esposizione continua max. 40 mT
Esposizioni occasionali e controllate Come professionalmente esposti

Un caso
a parte è costituito dai portatori di pacemaker o di altri dispositivi
impiantabili, che possono esibire malfunzionamenti se esposti a campi
dell’ordine di 0,5 mT o superiori. Apposite segnalazioni dovrebbero essere
utilizzate per avvertire questi soggetti, in modo da evitare loro di penetrare
in zone dove tali valori possono essere superati.

A queste
raccomandazioni si deve aggiungere infine l’avvertimento che campi dell’ordine
di 1 mT o superiori possono danneggiare irrimediabilmente le informazioni
registrate su dischetti floppy, carte di credito, nastri audio e video
ed altri supporti magnetici.

Per
approfondire:

Quasi tutto quanto sopra riportato proviene dai tre riferimenti seguenti,
dove chi lo desidera potrà trovare moltissime altre informazioni sull’argomento.

UNEP (United
Nations Environment Programme) – WHO (World Health Organization) – IRPA
(International Radiation Protection Association): Environmental health
criteria 69 “Magnetic fields”, Geneva, 1987.

ICNIRP (International
Commission on Non-Ionizing Radiation Protection): Guidelines on limits
of exposure to static magnetic fields, Health Physics Volume 66, Number
1, January 1994, pp.100-106.

John Moulder:
Static
electric and magnetic fields and human health: questions and answers
.