Esistono oggi studi o tecnologie onde poter isolare edifici o parte di essi (esempio aule, scuole materne ecc.) in prossimità di elettrodotti ad alta tensione ovvero in prossimità di antenne ripetitori gsm?

Approfitto di questa
domanda per parlare un po’ diffusamente, una volta per
tutte, di schermi e schermature. Chi non fosse
interessato ai dettagli può saltare direttamente alle
conclusioni.

Introduzione

Il problema della
schermatura di un campo elettrico, magnetico o
elettromagnetico (EM) si incontra in numerosi settori
tecnici. Innanzitutto, nell’ambito della cosiddetta
“compatibilità elettromagnetica”, esso si
presenta quando si deve evitare che le emissioni
elettromagnetiche prodotte da una apparecchiatura
elettrica disturbino il funzionamento di altre
apparecchiature poste nelle vicinanze della prima. In
secondo luogo, quando si vuole impedire l’intercettazione
di informazioni riservate effettuata mediate la
“lettura” dei campi EM emessi da attrezzature
informatiche (la cosiddetta “protezione
Tempest”); infine, quando si vuole ridurre
l’esposizione di individui che debbano transitare o
stazionare nei pressi di una sorgente di campo
elettromagnetico.

Quest’ultima situazione,
che è quella che ci interessa in questa sede, riveste
particolare importanza soprattutto in quegli ambienti
lavorativi dove si fa uso di intensi campi
elettromagnetici per particolari applicazioni
tecnologiche (per esempio, la saldatura della plastica,
l’incollaggio del legno, la tempera dei metalli, la
disinfestazione delle granaglie, l’essiccazione della
ceramica). Ci sono alcune situazioni infatti, nelle quali
gli addetti possono essere esposti a livelli anche molto
superiori a quelli ammessi dalle normative di sicurezza.

Nell’ambiente esterno,
in condizioni normali, è invece assai difficile, se non
impossibile, che individui della popolazione siano
esposti a livelli sicuramente pericolosi.
Tuttavia, la sempre maggior diffidenza nei confronti dei
campi EM che recentemente si riscontra nella popolazione
fa sì che non ci si senta al sicuro nemmeno quando sono
rispettate le pur assai cautelative norme di sicurezza
adottate dalla legislazione italiana (mi riferisco al
decreto 381 del 1998, disponibile in Rete all’indirizzo
http://www.iroe.fi.cnr.it/pcemni/normeit/381_1998.htm). È per questo motivo che
istanze in tema di schermatura di ambienti domestici o
uffici vengono recentemente avanzate anche in relazione a
sorgenti quali le stazioni radio-base o gli elettrodotti.

Chiedi all’esperto si è già un po’
occupato di argomenti affini, in due recenti risposte relative ai “telefonini”
(
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=7863 e http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=7860). Torniamo adesso un po’ più diffusamente sugli
aspetti tecnici dell’argomento “schermature”, precisando subito
che non spenderemo altre parole sulla questione sanitaria, ovvero
per discutere se ci sia motivo di preoccuparsi delle esposizioni e se
sia consigliabile o meno installare le schermature. Per una visione d’insieme
delle problematiche sanitarie delle esposizioni ai campi elettromagnetici,
sempre nell’ambito di Chiedi all’esperto, rimando a
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=7862.

Che cosa schermare?

La questione della
schermatura si presenta in maniera diversa a seconda che
l’emissione della sorgente sia intenzionale o
accidentale.

Nel primo caso, che si
presenta con sorgenti concepite espressamente per
diffondere campi elettromagnetici (per esempio: impianti
di teleradiodiffusione, stazioni radio-base, apparati
radar), non è in generale possibile schermare la
sorgente
, ovvero impedire che le sue emissioni di
diffondano nell’ambiente circostante, poiché questo ne
impedirebbe il regolare funzionamento. Occorre allora schermare
la regione di spazio all’interno della quale non si vuole
che il campo EM possa penetrare
.

Rientrano nel secondo
caso, invece, tanto le sorgenti la cui emissione è del
tutto “accidentale” (per esempio: elettrodotti,
elettrodomestici, computer e altre macchine da ufficio)
quanto gli apparati industriali cui si accennava sopra,
il cui funzionamento richiede di solito la generazione di
un intenso campo, ma solo in una regione limitata di
spazio, dove si trova il “pezzo” in
lavorazione. In questi casi, è possibile pensare di schermare
la sorgente stessa
.

Come schermare?

Le schermature si
realizzano nella stragrande maggioranza dei casi con
l’impiego di pannelli o contenitori metallici o comunque
di materiale buon conduttore elettrico. Uno schermo può
anche essere realizzato con un tessuto (filato o non
filato, naturale o sintetico) al quale viene in qualche
modo aggiunto un materiale (grafite, filamenti metallici)
dotato di buona conducibilità elettrica.

Quanto è valida una
schermatura?

La qualità di una
schermatura si valuta attraverso l'”efficacia
schermante” o shielding effectiveness SE,
data dal rapporto (espresso quasi sempre in dB) tra
l’intensità del campo presente in un determinato punto
prima e dopo la posa in opera dello schermo. Se, per
esempio, si parte da una situazione in cui è presente un
campo elettrico di 100 V/m e dopo l’intervento di
schermatura questo si riduce a 6 V/m, allora abbiamo
realizzato una schermatura con una SE di circa 24,4 dB.

L’efficacia schermante
di un materiale dipende dalle sua caratteristiche fisiche
(e in particolare dalla sua conducibilità elettrica
e dala sua permeabilità magnetica), dalla
frequenza e dallo spessore utilizzato. Essa dipende poi
dalla posizione dello schermo rispetto alla sorgente, a
causa del diverso meccanismo di interazione che entra in
gioco a seconda della distanza schermo-sorgente,
rapportata alla lunghezza d’onda.

Quando la distanza tra
la sorgente e lo schermo è molto maggiore della
lunghezza d’onda (cosa che, ovviamente, avviene più
facilmente alle frequenze più alte, cioè alle lunghezze
d’onda minori), l’interazione è descrivibile in termini
di un’onda elettromagnetica che incide sullo schermo, ne
viene in parte riflessa e in parte assorbita e in parte
penetra oltre lo schermo stesso. L’efficacia schermante
complessiva dipende dalla combinazione delle
“perdite per riflessione” e le “perdite
per assorbimento”. In queste condizioni, anche una
sottile lamina metallica è in grado di offire un buon
potere schermante.

Se invece lo schermo è
posto vicino alla sorgente, dove l’onda elettromagnetica
non si è ancora formata, allora l’accoppiamento tra
sorgente e schermo coinvolge separatamente il campo
elettrico ed il campo magnetico, dando luogo ad una
efficacia schermante diversa per i due agenti fisici. Il
risultato è che, mentre il campo elettrico statico o di
bassa frequenza (in particolare, ai 50 Hz degli
elettrodotti) può essere schermato con grande facilità
(per esempio, realizzando quelle strutture note come
“gabbie di Faraday”), il campo magnetico alle
stesse frequenze risulta invece estremamente difficile da
attenuare.

Per fare un esempio
(dati presi da Grounding and shielding, Don White
Consultants, 1985), una lastra di rame di estensione
infinita, dello spessore di 25 µm (micron) presenta una
SE di circa 180 dB alla frequenza della telefonia
cellulare (900 MHz) e di circa 230 dB per il campo
elettrico a 50 Hz, mentre per il campo magnetico a 50 Hz,
anche con uno spessore 100 volte maggiore (2,5 mm), si
ottiene una SE di soli 25 dB circa; le cose vanno appena
un po’ meglio (sui 34 dB) se si usa ferro al posto del
rame, grazie alla maggiore permeabilità magnetica del
ferro (che compensa ampiamente la minore conducibilità).

Non ci si faccia trarre
in inganno dagli alti valori di SE che è possibile
ottenere ad alta frequenza: quelli che abbiamo visto fino
ad ora sono dati che si riferiscono all’efficacia
schermante intrinseca dei materiali che abbiamo
considerato.

Per avere schermature
utilizzabili è però in generale necessario realizzare
dei “contenitori”. Il problema è che
l’efficacia schermante si degrada notevolmente – e per di
più in modo non facilmente prevedibile – quando nel
contenitore si praticano aperture di qualsiasi tipo. Una
regola pratica per contenere il degrado a livelli
accettabili è di mantenere la dimensione massima
delle aperture entro un decimo della lunghezza d’onda

(Martin Robinson, “Shielding of enclosures – an open
and shut case?”, EMC Engineering Europe,
January/February 1999). Alla solita frequenza dei
cellulari (900 MHz, lunghezza d’onda sui 30 cm), questo
significa fare aperture non più grandi di 3 cm, un
valore chiaramente incompatibile con le dimensioni delle
porte e delle finestre delle nostre abitazioni! Questo
spiega perché, per esempio, sia di solito possibile
utilizzare il telefonino anche dentro casa.

Conclusioni

  1. Per schermare un
    campo elettromagnetico occorrono in generale
    materiali metallici o comunque che presentino una
    buona conducibilità elettrica. Per il campo
    magnetico a bassa frequenza, giova anche una
    elevata permeabilità magnetica.
  2. Il campo elettrico
    statico o di bassa frequenza (come i 50 Hz degli
    elettrodotti) è molto facile da schermare, per
    esempio con della rete metallica. Addirittura un
    buon effetto schermante è determinato anche dai
    normali materiali da costruzione, dalla
    vegetazione o dal terreno.
  3. il campo magnetico
    statico o di bassa frequenza (50 Hz) è invece
    molto difficile da schermare: per una schermatura
    efficace occorrono lastre di acciaio o altro
    materiale ferromagnetico spesse diversi
    millimetri.
  4. Il campo
    elettromagnetico a radiofrequenza (per esempio a
    900 MHz, come nel caso della telefonia cellulare)
    può essere facilmente schermato da contenitori
    metallici, ma solo a condizione di realizzare in
    essi aperture non più grandi di pochii
    centimetri. Non è quindi possibile, in pratica,
    schermare efficacemente le abitazioni o gli
    uffici.
  5. Per completare il
    quadro della situazione, è bene notare che il
    livello di schermatura richiesto nelle
    applicazioni “protezionistiche” è
    spesso abbastanza contenuto (soprattutto
    nell’ambiente esterno): per esempio, se volessimo
    abbattere il campo magnetico prodotto da un
    elettrodotto da un valore “medio-alto”
    di 10 µT fino ai “fatidici” 0,2 µT di
    cui tanto si parla, occorrerebbe una SE
    complessiva di 34 dB; se si parte dal valore
    massimo ammesso dalla normativa del 1992 (100
    µT), la SE necessaria sale a 54 dB.