Dappertutto trovo scritto che, essendo l’universo una somma di sistemi irreversibili, per il secondo principio della termodinamica esso in realtà non potrebbe essere un esempio di moto perpetuo essendo che per via degli attriti parte dell’energia meccanica si convertirebbe in energia calorica e non sarebbe mai interamente recuperabile. Quello che mi chiedo è però, supponendo che nell’universo ci sia abbastanza materia e che quindi prima o poi esso imploda di nuovo su se stesso (accettando la teoria del Big Bang), l’energia calorica dispersa nel corso della sua vita non dovrebbe forse implodere anch’essa con lui e quindi in qualche modo risultare riutilizzabile? Non è insomma possibile che l’universo sia nel suo insieme l’unico caso di sistema reversibile pur essendo esso stesso formato da infiniti sistemi irreversibili?

La discussione
sulla natura dell’universo è sicuramente tra le più affascinanti che si
possano fare.

L’ipotesi
del Big Bang atta a spiegare la crescita e l’evoluzione dell’universo
e non la sua creazione, è, nella sua formulazione originaria, incompleta
e superata. Nonostante gli ottimi risultati che si ottengono per alcuni
aspetti di questa evoluzione, la suddetta teoria lascia letteralmente
al caso la risposta ad alcune fondamentali domande quali ad esempio perché
l’universo è cosi uniforme.

Le teorie
inflazionarie sembrano gestire con più sicurezza questi aspetti se non
fosse per il fatto che dai loro calcoli risulterebbe un universo piatto;
questa cosa sembrerebbe confutata dalle ultime osservazioni che anzi mostrerebbero
che l’universo è aperto e curvo. Le teorie inflazionarie quindi sono state
arricchite di ulteriori complicazioni e da ipotesi molto suggestive e
belle come l’universo a bolle.

In questa
grande incertezza parlare dell’universo come un sistema reversibile mi
sembra molto fuorviante.

Facciamo
qualche osservazione; la seconda legge della termodinamica ci dice che
l’entropia di un sistema chiuso aumenta sempre (o al più rimane costante);
questo ci indica la presenza di una freccia del tempo termodinamica che
si muove nella stessa direzione della freccia del tempo cosmologica, che
ci da la direzione del tempo in cui l’universo si espande.

Noi dovremmo
trovarci in un universo molto caotico ad alta entropia localmente alterato
da sistemi a bassa entropia come può essere rappresentata dal nostro sole.
Nella fase della contrazione, però, si dovrebbe passare da un sistema
disordinato ad uno stato iniziale molto ordinato. Avremmo quindi un’inversione
della freccia cosmologica e termodinamica (al posto della tazzina di caffè
che si rompe cadendo dal tavolo vedremmo i pezzi della tazzina che si
riuniscono a formare l’oggetto integro!) e, per i nostri pro- pronipoti
che riescano a sopravvivere a questa inversione, la vita dovrebbe scorrere
al contrario.

Personalmente
non credo molto ad un’evenienza del genere; non necessariamente una contrazione
dell’universo debba implicare un’inversione temporale sia termodinamica
sia cosmologica. Alcuni lavori di Don Page mostrano che la fase di contrazione
non coincide con l’inverso temporale a patto di considerare un universo
senza nessun confine spazio – temporale.

La teoria
della Relatività Generale sostiene che l’universo ha avuto origine da
una singolarità iniziale; questa singolarità è un confine per il nostro
universo sul quale dobbiamo imporre delle condizioni opportune. Alcune
di queste condizioni suggeriscono che l’universo abbia scelto la sua configurazione
iniziale in maniera “casuale” tra molte possibili di cui la maggior parte
assolutamente caotiche e irregolari (alla faccia dell’universo regolare
a bassa entropia!). Ma la stessa GR dimostra i suoi limiti quando ammette
che nelle singolarità il campo è cosi intenso che è impossibile non considerare
effetti puramente quantistici. Ma in una teoria quantistica le leggi matematiche
potrebbero essere valide ovunque visto che nella teoria quantistica non
c’è bisogno di singolarità.

Quindi potremmo
far a meno di confini spazio temporali e ridurre l’universo ad un’entità
a se stante, che non risente di interazioni esterne e che ha né inizio
né fine. L’ultima parola è ben lungi dall’essere pronunciata.