Noi insegnanti di fisica della mia scuola, pensavamo che fosse un fenomeno ottico e non termico a far girare le alette del radiometro, ma vorremo poter stabilire una concausa fra l’energia del raggio luminoso e l’energia di rotazione delle alette

l radiometro è un simpatico apparecchio con cui si riesce a misurare
l’impulso trasmesso dalla luce. In base alla meccanica quantistica relativistica,
infatti, i fotoni, sebbene abbiano massa nulla, trasportano quantità
di moto (che in questo caso non è mc,
ma h/l, dove h
è la costante di Planck e l
la lunghezza d’onda della luce). Un modo rapido per rendersi conto che
questo effetto è piccolo è accendere una lampadina: poichè
non veniamo schiacciati a terra (almeno a me non è mai capitato
🙂 ci rendiamo conto che tale effetto produce delle forze molto più
piccole di quelle a cui siamo abituati. Per riuscire a vedere tale effetto
sono in commercio i cosiddetti radiometri, che altro non sono che dei
piccoli “mulini a luce”: il principio di funzionamento è
lo stesso dei “mulini ad acqua”.
Un modo comodo di realizzare questi “mulini” è quello di farne le
“pale” colorate da un lato di nero e dall’altro di bianco: poichè
il nero corrisponde ad assorbimento della luce, mentre il bianco a sua
riflessione, un radiometro siffatto deve girare anche se illuminato uniformemente
da tutte le direzioni (al contrario di un mulino ad acqua che gira solo
se l’acqua lo colpisce venendo da una direzione). La direzione di rotazione
prevista è quella in cui il lato nero delle palette avanzano, poichè
i fotoni che rimbalzano (ossia quelli che colpiscono il lato bianco) danno
un’impulso maggiore. Il moto avviente solo se tutti gli attriti sono sufficientemente
piccoli.
Come sanno tutti quelli che hanno comprato un radiometro economico (se
ne trovano anche al costo di circa 50€), quello che accade è
esattamente il contrario!!!
Questo incredibile fatto si spiega facilmente, considerando che il vuoto
che viene fatto dentro le ampolle in cui vengono rinchiusi questi radiometri
“giocattolo”, non è sufficientemente spinto, e resta sempre del
gas residuo.
Cosa avviene? Il lato nero delle palette si scalda di più del lato
bianco, e la differenza di temperatura genera una differenza di pressione
nel gas, che fa ruotare lo strumento in senso opposto, poichè la
pressione maggiore (ossia la forza che “spinge”) si trova dal caldo lato
nero.
La differenza di temperatura tra i due lati di ogni paletta genera una
differenza tra la quantita’ di moto media ceduta alle molecole che urtano
la parete calda e quella ceduta alle molecole che urtano la parete fredda.
In altri termini le due pareti agiscono da convertitori di energia luminosa
(ricevuta dai fotoni incidenti) in energia termica della parete che si
trasferisce poi al gas ad essa affacciato(energia cinetica media delle
molecole del gas in equilibrio statistico con le due pareti).
Dato che la pressione su una parete (forza media per unita’ di superficie)
e’ dovuta alla somma delle quantita’ di moto scambiate tra gas e parete,
ne risulta che in media la pressione del gas prospiciente alla parete
calda (nera) e’ maggiore di quella del gas prospiciente alla parete fredda
(bianca).

Per valutare quantitativamente questi fenomeni occorre avere dei dati
che spesso è impossibile avere (in particolare nel caso di rotazione
anomala): bisogna conoscere fattori come la pressione residua, la riflettività
delle palette, le loro caratteristiche termiche, etc. Nel caso di rotazione
“giusta”, le cose sono un po’ più semplici, in quanto basta conoscere
o stimare il momento della forza d’attrito per calcolare la quantità
di moto necessaria, ovverosia il numero di fotoni, cioè l’illuminazione.
Purtroppo anche in questo caso con una attrezzatura non professionale
risulta difficile stimare questi dati, in particolare il primo.

Ringrazio Giacomo Torzo per le utili osservazioni.