Da cosa sono costituite le immagini che percepiamo attraverso la vista? Grazie a quale mezzo ci giungono (aria, campi magnetici..)?

La vista è forse il senso più importante attraverso
il quale l’uomo ha contatti con il mondo esterno. Proprio
per questo sin dall’antichità
in molti si sono interrogati in merito.
Oggi sappiamo che cosa è la luce (anche se ci sono
ancora molte cose da capire) e come ci permetta di vedere
il mondo che ci circonda.

La luce è un’onda elettromagnetica, come le onde
radio o i raggi X (che però hanno un
diverso modo di interagire
con la materia e perciò
ci sembrano cosi’ diversi dalla luce). Tutti i tipi di
onde elettromagnetiche (quindi anche la luce) sono
costituiti da un campo elettrico ed un campo
magnetico non costanti nel tempo, ma variabili; ciò che
distingue fra di loro i vari tipi di onde
elettromagnetiche è proprio la velocità con cui questi
campi elettrico e magnetico variano nel tempo; anche ciò
che distingue i vari colori fra loro è questa velocità
di variazione, o più correttamente
“frequenza”.

La luce non ha bisogno di nessun mezzo per propagarsi:
i campi elettrici e magnetici che la compongono possono
“esistere” sia nel vuoto che in tutti i
materiali. A “propagarsi
sono i campi elettrici e magnetici, che viaggiano alla
“velocità della luce”. Il fatto che l’aria ed
il vetro ci appaiano trasparenti (cioè permettono alla
luce di propagarsi quasi indisturbata) mentre il ferro ci
appare opaco è dovuto alle differenti proprietà
elettriche e magnetiche di questi diversi materiali, che
possono permettere o no, il “passaggio” dei
campi elettrici e magnetici di una certa frequenza. Il vuoto, non avendo quasi nessuna
proprietà elettromagnetica, ci appare
“trasparente”.

La luce viene prodotta da una sorgente (per esempio il
sole) si propaga nel vuoto o nei mezzi trasparenti che
incontra fino a giungere ad un oggetto sul quale in parte
“rimbalza” in parte viene assorbita. Sono
sempre le proprieta’ elettriche e magnetiche del
materiale a “decidere” quale parte venga
assorbita e quale parte riflessa, e quindi a stabilire il
colore dell’oggetto.

La luce, proveniente dall’oggetto, giunge al nostro
occhio, entrando attraverso la pupilla e, grazie alla
cornea ed al cristallino (che sono delle vere e proprie
lenti) arriva ad “illuminare” il fondo
dell’occhio: la retina. Nelle cellule che la compongono
avvengono delle reazioni chimiche che a loro volta
causano delle piccole scariche elettriche che si
propagano attraverso il nervo ottico ed arrivano fino al
cervello, dove vengono elaborate e trasformate in quella
costruzione mentale che noi chiamiamo “immagini
visibili”.

PER SAPERNE
DI PIU’.

Perché le onde
elettromagnetiche di frequenze diverse, pur avendo
pressapoco le stesse proprietà fisiche si comportano in
modo così diverso nell’interazione con la materia? Per
esempio percheé un’onda radio può essere rivelata da
un’antenna mentre un raggio di luce od un raggio X no? E
in che modo le proprietà di un oggetto interagiscono con
il campo elettromagnetico di un’onda che le illumina
determinandone il “colore”?

Onde elettromagnetiche di frequenza diversa, sebbene
non mostrino (entro certi limiti) differenti proprietà
fisiche nel vuoto, manifestano interazioni con la materia
profondamente diverse, tanto che vengono spesso chiamate
con nomi diversi (onde radio, infrarossi, luce,
ultravioletti, raggi X, raggi gamma). Il motivo di questa
“stranezza” è da ricercarsi nell’interazione
che il campo elettromagnetico ha con la materia.
Quest’ultima, infatti, è costituita da nuclei ed
elettroni, entrambe “particelle” cariche, e
pertanto in grado di “sentire” una forza, se
immersi in un campo elettrico e/o magnetico (come il
ferro vicino ad una calamita). Quando i campi elettrici e
magnetici sono variabili nel tempo, anche la forza che
agisce sui costituenti della materia sarà
variabile.

Consideriamo per un momento un’altalena, alla quale
applichiamo una forza variabile nel tempo, prima
spingendola, poi tirandola. Se la frequenza con la quale
noi “forziamo” il moto dell’altalena è quella
giusta (o quasi), cioè è la frequenza
“naturale” dell’altalena (quella che essa
avrebbe se lasciata oscillare liberamente) allora
riusciremo facilmente a farla muovere, anche di molto e
con poco sforzo: è il fenomeno della risonanza. Se
invece la spingeremo e la tireremo molto lentamente (per
esempio spingendola e tirandola una volta ogni ora) o
molto velocemente (per esempio spingendola e tirandola
dieci volte al secondo) l’effetto che otterremo sarà
molto piccolo, anche con tutti i nostri sforzi.

In un modo simile le forze che agiscono sui
costituenti della materia a causa di un campo
elettromagnetico variabile (cioè di un’onda
elettromagnetica) possono o meno metterli in movimento.
Nel nostro caso sono perlopiu’ gli elettroni che vengono
messi in movimento, soprattutto per la loro massa piu’
piccola di almeno 2000 volte rispetto ad un nucleo:
provate a spostare un chilo o 2000 chili! Se gli
elettroni vengono messi in moto l’energia contenuta
nell’onda viene assorbita dal materiale e perciò
l’intensità dei campi diminuisce notevolmente, ed il
materiale appare opaco per la “luce” di quella
frequenza.

E’ chiaro, quindi, che un’antenna può funzionare solo
per frequenze che siano in grado di mettere in moto gli
elettroni del metallo di cui è fatta, in modo da
trasformare l’onda radio in una (debolissima) corrente,
che può poi essere amplificata e rivelata
dall’apparecchio radio o TV.

Ed è anche chiaro qual è il meccanismo di formazione
del colore di materiali trasparenti, come un vetro
colorato: la luce di alcune frequenze viene assorbita,
mentre la luce di altre frequenze riesce ad attraversare
il materiale indisturbata (la luce bianca è costituita
dalla somma di radiazioni elettromagnetiche di frequenze
corrispondenti a tutti i colori).

Per una descrizione più accurata bisogna invece
considerare gli effetti quantistici dovuti al fatto che
non può esistere un'”onda elettromagnetica”
con un’energia arbitraria, ma solo valori interi multipli
di una quantita’ (piccolissima) nota come il “quanto
d’energia” (e che varia con la frequenza,
contribuendo a differenzia l’interazione di onde di
frequenza diversa con la materia)

Perché i campi elettrico e
magnetico si propagano nello spazio come un’onda? La
frequenza del campo elettrico e del campo magnetico è la
stessa? E’ possibile un’onda costituita di un
solo campo (elettrico o magnetico che
sia)?

I campi elettrici e magnetici rispettano alcune
equazioni, che descrivono il loro comportamento: le
equazioni di Maxwell. Queste equazioni prevedono che
quando ci sia un campo elettrico variabile si generi un
campo magnetico (proporzionale alla derivata rispetto al
tempo del campo elettrico) e viceversa: quando c’è un
campo magnetico variabile si genera un campo elettrico
(proporzionale alla derivata del campo magnetico). Questo
fenomeno è molto comune: ogni qualvolta utilizziamo un
apparecchio elettrico, come un motore oppure un
elettromagnete, stiamo sfruttando questo fatto.
L’elettromagnete è semplicemente un filo percorso da
corrente elettrica (e avvolto attorno ad un pezzo di
materiale “magnetico” per aumentarne parecchio
l’effetto). La corrente è costituita da elettroni in
movimento, cioè (poiché ogni elettrone ha il suo campo
elettrico associato) da campi elettrici in movimento.
Tale particolare tipo di “variabilità” del
campo elettrico genera un campo magnetico costante. Il
motore elettrico è un dispositivo che sfrutta le forze
fra dei campi magnetici così generati (simili a quelle
fra due calamite). Una dinamo, invece, sfrutta il
fenomeno opposto: un campo magnetico variabile (dovuto al
moto dei magneti che costituisco la dinamo) causa un
campo elettrico che mette in moto gli elettroni di un
filo conduttore interno alla dinamo, generando corrente
elettrica.

Si può dire che il motivo per cui un’onda
elettromagnetica si propaga nello spazio è lo stesso per
cui un motore gira: un campo elettrico variabile (come
degli elettroni che si muovono in un certo modo in un
metallo), genera un campo magnetico, e se questo è
variabile, genera a sua volta un campo elettrico, e così
via. Il motivo che distingue il comportamento di un
motore da quello di un’antenna trasmittente è il modo
in cui gli elettroni si muovono nel metallo
“sorgente”: in un motore il moto (generalmente)
è costante, in un’antenna il moto è sinusoidale.

Perciò i campi elettrici generati in questo caso sono
rispettivamente lineare e sinuisodale. I campi magnetici
“generati”, allora saranno rispettivamente
costante (e quindi non si genereranno più altri campi
elettrici) e cosinuisoidale (e quindi genererà un campo
elettrico sinuisodale). Poiché il campo magnetico
generato da un elettromagnete è costante, non si genera
alcun successivo campo elettrico, cioè nessuna onda.
Invece le derivate successive di sinuisoidi sono
sinuisoidi anch’esse, e perciò il fenomeno si ripete
all’infinito, trasportando una frazione dell’energia
iniziale (corrente elettrica nell’antenna) potenzialmente
a qualsiasi distanza.

Non è possibile la propagazione di un campo solo
(magnetico o elettrico) perché il suo
“movimento” implica che non sia costante (in
ogni punto) e pertanto genera un campo dell’altro tipo.
Più esattamente la derivata temporale di un campo è
proporzionale alla derivata spaziale dell’altro (e non al
campo stesso, come ho scritto prima con soli scopi
didattici). La soluzione di questa equazione
differenziale permette di calcolare come avviene la
propagazione. Quello che si ottiene è una propagazione
“rigida”, cioè l’onda avanza nello spazio
vuoto mantenendo la sua forma.

Il vuoto che proprieta’
elettromagnetiche ha?

Uno degli aspetti piu’ sorprendenti della meccanica
quantistica e’ quello di prevedere che il vuoto piu’
spinto immaginabile (cioe’ quello costituito dall’assenza
di qualsiasi particella o campo osservabili) non e’
affatto vuoto!

Questo apparente paradosso e’ dovuto al fatto che il
principio di indeterminazione non permette di
“sapere” con assoluta certezza lo stato di un
sistema: esistono delle proprieta’
“incompatibili”; per esempio non
“esiste” un valore esatto dell’energia di un
sistema, se questo non viene osservato per un tempo
sufficentemente lungo.

Cosi’ il vuoto viene ad essere “popolato” da
particelle e campi che hanno una energia compatibile con
il loro “tempo di vita”. Si potrebbe dire che
appaiono dal nulla e nel nulla scompaiono. Naturalmente
nessuno le ha mai osservate, e nemmeno mai potra’ farlo,
perche’ la teoria prevede che una misura sufficentemente
precisa da rivelarle non possa essere compiuta in un
tempo cosi’ breve quale e’ quello della loro esistenza.
Si puo’ proprio dire che “esistono perche’ non
possono essere viste”.

Pero’ la loro “esistenza” da’ al vuoto
alcune particolari caratteristiche e proprio
“l’interazione con il vuoto” ha permesso delle
misure (sull’atomo di idrogeno) che sono fra le piu’
precise mai realizzate in qualunque campo della
scienza.


Nell’antichità

Fra i filosofi antichi che hanno formulato ipotesi
sulla visione una delle piu’ strane, per noi che la
studiamo oggi con il senno di poi, e’ quella di Platone,
che credeva che la luce fosse una sostanza prodotta
dall’occhio! Piu’ scientifica la posizione di Galileo
Galilei, che prova a misurare la velocita’ di
propagazione della luce, ma, visti i mezzi a sua
disposizione (due torcie copribili con dei panni opachi)
riesce solo a concludere che la luce si propaga a
grandissima velocita’, forse infinita. Newton fa
un’ipotesi sulla natura della luce: propone la natura
corpuscolare, ipotesi che in seguito al successo della
teoria “ondulatoria” viene abbandonata, ma
resuscita nei primi decenni di questo secolo con una
interpretazione diversa: la meccanica quantistica, in cui
la natura corpuscolare e’ “complementare” a
quella ondulatoria.