Di che sostanza sono composti i cristalli liquidi? Come funzionano i display LCD?



 

1. Introduzione

2.
Le
mesofasi

3. I mesogeni

4. Caratteristiche
di interesse

5. I
display LCD


1. Introduzione

La scoperta delle proprietà
liquido-cristalline possedute da alcuni composti organici
va fatta risalire agli ultimi anni del secolo scorso,
grazie agli studi del botanico austriaco Reinitzer.

Mentre maneggiava il benzoato di colesterile, infatti,
egli si rese conto che la sostanza pareva presentare due
distinti punti di fusione, con formazione dapprima di una
fase liquida piuttosto opalescente che successivamente
diventava perfettamente limpida a più alta temperatura.

Si ritenne quindi che lo stato intermedio non fosse altro
che una nuova fase della materia ove, in condizioni di
fluidità tipiche dello stato liquido, vi fosse un grado
di ordine molecolare che ricordava in qualche modo quello
dei solidi cristallini. Proprio a causa delle
caratteristiche intermedie tra quelle dei liquidi
isotropi e quelle dei cristalli la nuova fase venne
denominata liquido-cristallina.

Di seguito sono
schematizzate le differenze tra la fase cristallina, la
fase liquida e la fase liquido-cristallina intermedia. In
un solido cristallino le molecole mostrano un alto grado
di ordine sia posizionale che orientazionale, con
pochissimi gradi di libertà traslazionali. In un liquido
isotropo, al contrario, le molecole non hanno alcun
ordine particolare e possiedono ampia libertà di
movimento.

Come è facile intuire, a causa di queste
particolarità i cristalli liquidi manifestano proprietà
uniche che sono state di recente oggetto di numerosi
studi da parte dei ricercatori. Principalmente l’
anisotropia che deriva dalla preferenziale orientazione
delle molecole dei cristalli liquidi ne rende possibile
l’ utilizzo in numerose applicazioni commerciali; i
display LCD sono solo un esempio di queste tecnologie.




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2. Le mesofasi

Negli
anni successivi agli studi di Reinitzer numerose sono
state le ricerche che hanno riguardato i cristalli
liquidi e altrettanto numerose sono state le nuove
scoperte. Per prima cosa si è visto che le fasi che
manifestano proprietà liquido-cristalline possono essere
di diversa natura a seconda del grado di ordine delle
molecole che le compongono. Esse vengono denominate
mesofasi, mentre prendono conseguentemente il nome di
mesogeni tutti i composti organici che sono in grado di
generare delle mesofasi. Le mesofasi sono le
seguenti:

Ciascuna di esse possiede delle caratteristiche
peculiari che sono legate alla particolare disposizione
delle molecole nella fase stessa.



2.1. Mesofase nematica

La mesofase nematica è costituita da
molecole impaccate senza alcun ordine posizionale e
caratterizzate soltanto da una comune orientazione
preferenziale. L’ asse risultante dalla orientazione
preferenziale media delle molecole è detto
direttore.

L’ anisotropia del materiale sarà tanto più
accentuata quanto maggiore sarà il grado di allineamento
medio delle molecole.



2.2. Mesofase nematico-chirale (o colesterica)

La mesofase colesterica è strettamente
correlata con la nematica, di cui ne costituisce soltanto
una variante chirale. In pratica la presenza di
interazioni intermolecolari fa sì che ciascuna molecola
rimanga disallineata di qualche grado rispetto a quelle
che la circondano, con il risultato che l’
orientazione delle molecole non è costante lungo tutta
la fase.

Il direttore segue cioè un andamento
elicoidale il cui passo è tanto minore quanto maggiori
sono i disallineamenti reciproci delle molecole.


Dal momento che questi disallineamenti dipendono
generalmente dalla temperatura, anche il passo dell’
elica varia al variare della temperatura. Questa
proprietà è di particolare importanza poichè le
mesofasi colesteriche sono in grado di riflettere
selettivamente la luce visibile che ha una lunghezza
d’ onda pari alla lunghezza del passo. Una
variazione di temperatura si manifesta quindi in una
variazione di colore del cristallo liquido e sulla base
di questo fenomeno si è resa possibile la realizzazione
di termometri per le più svariate applicazioni (tipici
sono ad esempio i termometri per misurare la temperatura
corporea o i sensori termici per individuare eventuali
malfunzionamenti di un circuito elettronico).



2.3. Mesofase smettica

La mesofase smettica è caratterizzata,
rispetto alla nematica, da un maggior ordine molecolare.
Oltre a possedere una preferenziale orientazione le
molecole sono infatti arrangiate in piani sovrapposti,
con minori gradi di libertà posizionali.

Esistono numerose tipologie diverse di mesofase
smettica, differenziate ad esempio dal fatto di avere le
molecole orientate perpendicolarmente ai piani (tipi A e
B) o inclinate di qualche grado (tipo C). All’

interno dei piani, poi, le molecole possono essere
disposte in posizioni casuali (tipo A) o seguire precise
geometrie (tipo B, con disposizione a nido d’ ape).
Di particolare rilevanza è la mesofase smettica di tipo
C* nella quale le molecole sono inclinate rispetto ai
piani di impaccamento orientandosi lungo una direzione
che ruota da piano a piano. Di nuovo, come accade nel
caso della mesofase colesterica, il direttore genera una
struttura elicoidale dalla quale dipendono fortemente le
proprietà macroscopiche della fase stessa.


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3. I mesogeni

Come detto si dicono mesogeni quei
composti organici che sono in grado di generare delle
mesofasi. A seconda di come riescono a manifestare le
loro caratteristiche proprietà, i cristalli liquidi sono
classificati come liotropici o come termotropici. I
cristalli liquidi liotropici hanno la peculiarità di
generare delle mesofasi in soluzione, per influenza di un
solvente che induce l’ aggregazione delle molecole
in micelle. Per questo motivo i mesogeni liotropici sono
tipicamente di forma allungata e costituiti da una
estremità lipofila e da una lipofobica. Quest’

ultima, tendendo a sfuggire al solvente, è dunque la
responsabile della formazione delle micelle. All’
aumentare della concentrazione del mesogeno le micelle
tendono ad accrescersi sempre più fino a giungere a
coalescenza, separando in questo modo la fase
liquido-cristallina. I termotropici, al contrario,
manifestano le loro proprietà in dipendenza dalla
temperatura. Un solido può dunque manifestare proprietà
liquido-cristalline se viene riscaldato, così come un
liquido può farlo se raffreddato. Dal punto di vista
morfologico le molecole che presentano tali proprietà
sono generalmente molto allungate e piuttosto rigide. Una
formula approssimativa può essere

dove A è un gruppo normalmente costituito da legami
multipli (-N=N- oppure -CH=N-, ecc.) che è in grado di
conferire rigidità alla molecola, mentre X e Y sono
gruppi debolmente polari o comunque polarizzabili (-OCH3
oppure -CN, ecc.).



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4.
Caratteristiche di interesse

Il grande
interesse legato all’ utilizzo di cristalli liquidi
nelle moderne applicazioni tecnologiche è
sostanzialmente dovuto al fatto che le proprietà
macroscopiche dei cristalli stessi possono essere variate
per mezzo di perturbazioni esterne. Per esempio le
molecole dei cristalli liquidi sono fortemente
influenzate dalla presenza di campi elettrici o
magnetici, con i quali tendono ad allinearsi.

Importante è anche il cosiddetto effetto di
ancoraggio delle molecole dei cristalli liquidi a pareti
di vetro opportunamente trattate. Sebbene sia fuori luogo
soffermarsi sulle modalità di tale trattamento, l’
importante è sapere che è possibile trattare delle
lastre di vetro in modo che quando esse entrano in
contatto con delle molecole liquido-cristalline riescono
ad indurre una orientazione preferenziale delle stesse in
direzione parallela alla lastra stessa. Questo effetto è
ampiamente sfruttato nella fabbricazione di display LCD e
ci torneremo in seguito.

Altra caratteristica fondamentale dei
cristalli liquidi, in particolare delle mesofasi
nematiche, è la loro birifrangenza. Vale a dire che la
luce polarizzata lungo l’ asse del direttore ha un
indice di rifrazione diverso (e quindi viaggia nel
materiale ad una velocità diversa) da quella polarizzata
in direzione normale al direttore stesso. Un fascio di
luce polarizzata in una qualsiasi altra direzione viene
dunque scomposta nelle due componenti, che escono sfasate
dal cristallo dando luogo ad una polarizzazione circolare
(o ellittica). Questo fenomeno è di particolare
importanza per la colorazione dei cristalli nei display.
La configurazione prevede la collocazione di un cristallo
liquido nematico tra due polarizzatori sfasati di 90°.

Se un fascio di luce monocromatica (una unica
lunghezza d’ onda), dopo aver attraversato il primo
polarizzatore entra nel cristallo liquido, essa subirà
lo sfasamento delle sue componenti (a meno che non sia
esattamente parallela o perpendicolare al direttore delle
molecole). In ogni caso, dato che lo sfasamento aumenta
all’ aumentare dello spessore del cristallo, è
sempre possibile scegliere uno spessore tale da far
sfasare le due componenti esattamente di 360°, il che
equivale a non sfasare nulla. In questo modo, dunque,
qualunque sia la direzione di polarizzazione della luce
monocromatica in ingresso rispetto al direttore del
cristallo liquido non si avrà comunque alcuno
sfasamento. Quindi la luce verrà bloccata dal secondo
polarizzatore, che è esattamente orientato a 90°
rispetto al primo. Vediamo invece cosa succede nel caso
più generale di una luce bianca (che ha dunque tutte le
lunghezze d’ onda comprese nello spettro visibile)
che, dopo essersi polarizzata attraversando il primo
polarizzatore entra nel cristallo liquido. A parità di
spessore di cristallo lo sfasamento sarà diverso per le
diverse lunghezze d’ onda, per cui vi saranno
lunghezze d’ onda per le quali lo sfasamento è
360°, mentre ve ne saranno altre che verranno
polarizzate circolarmente. Solo queste ultime, dato che
possiedono componenti polarizzate in ogni direzione,
saranno in grado di fuoriuscire dal secondo polarizzatore
e pertanto il cristallo apparirà colorato. Variando lo
spessore di cristallo attraversato dalla luce bianca
sarà possibile variare il colore del cristallo liquido
stesso.

Da ultima analizziamo la capacità dei cristalli
liquidi colesterici di riflettere selettivamente le
radiazioni con lunghezza d’ onda pari alla lunghezza
del passo dell’ elica formata dal direttore delle
molecole. Anche questa caratteristica è ampiamente
sfruttata per l’ ottenimento di cristalli liquidi
colorati. Come già sottolineato, il passo della
struttura elicoidale formata dal direttore delle molecole
di una mesofase colesterica è fortemente dipendente
dalla temperatura e generalmente aumenta all’
aumentare di essa. Quindi i cristalli liquidi colesterici
manifestano la caratteristica di riflettere
selettivamente radiazioni di frequenza tanto più bassa
quanto più la temperatura sale. Per questo sono
ampiamente utilizzati per la fabbricazione di termometri
funzionanti a variazione di colore per le più svariate
applicazioni (tipici quelli da applicare sulla pelle per
determinare la temperatura corporea o i sensori
utilizzati per individuare “falsi contatti” nei
circuiti elettronici). I cristalli colesterici mostrano
anche un accentuato dicroismo circolare, essendo cioè in
grado di ruotare lungo la loro elica il piano di
polarizzazione della luce che li attraversa. Variando lo
spessore del cristallo (e quindi il cammino ottico della
radiazione all’ interno del materiale) è possibile
ottenere la polarizzazione in una qualsiasi direzione
desiderata.


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5. I display LCD

Con le nozioni appena descritte è possibile
affrontare il capitolo relativo ai display, che
rappresentano probabilmente l’ applicazione di
maggiore rilievo dei cristalli liquidi. Essi possono
essere suddivisi in numerose tipologie di cui prenderemo
in esame le principali.

5.1. Display TN

Il display TN (twisted nematic) è (o
è stato) probabilmente il più diffuso grazie alla sua
semplicità. E’ costituito da una fase nematica che
viene collocata tra due lastre di vetro opportunamente
trattate che fanno orientare le molecole del cristallo
liquido parallelamente ad esse. Le due lastre sono
tuttavia sfasate di 90°, in modo che le molecole
adiacenti alla lastra superiore siano orientate
perpendicolarmente a quelle della lastra inferiore. Nel
cuore della fase liquido-cristallina le molecole
tenderanno quindi ad assumere posizioni intermedie fino a
generare una struttura elicoidale simile a quella della
fase colesterica (vedi figura).

Esternamente alle due lastre di vetro,
come si vede, sono anche collocati due polarizzatori con
orientazione perpendicolare l’ uno rispetto
all’ altro. In più, nei display cosiddetti
riflettenti (che sfruttano cioè la stessa luce
dell’ ambiente per illuminarsi) vi è anche uno
specchio collocato al di sotto del secondo polarizzatore.
In pratica la luce dell’ ambiente (che entra
dall’ alto) viene polarizzata dal primo
polarizzatore ed entra nella fase liquido-cristallina. In
virtù della disposizione simil-colesterica delle
molecole la polarizzazione della luce incidente viene
ruotata di 90°, cosicchè la radiazione riesce a passare
anche attraverso il secondo polarizzatore. Si ha dunque
una successiva riflessione nello specchio, un nuovo
passaggio attraverso il secondo polarizzatore, una nuova
rotazione di 90° del piano di polarizzazione indotto
dalla fase liquido-cristallina e infine l’ uscita
dal primo polarizzatore. Il cristallo così descritto
appare dunque illuminato. Se invece al cristallo è
applicato un campo elettrico esterno perpendicolare ai
piani delle due lastre di vetro, le molecole tenderanno
ad orientarsi con il campo a dispetto dell’ azione
di ancoraggio delle due lastre stesse. La struttura
elicoidale viene dunque rotta e di conseguenza la fase
liquido-cristallina non è più in grado di ruotare il
piano di polarizzazione della luce incidente. Poichè
quindi la radiazione che entra dall’ alto viene
bloccata dal secondo polarizzatore il cristallo appare
nero. Un display LCD è dunque composto da tante piccole
zone (o pixel) che appaiono nere o illuminate a seconda
se siano o meno sottoposte ad un campo elettrico esterno.
A questo effetto si somma poi quello di colorazione
precedentemente descritto. Nel caso di display di
calcolatrici o comunque ogni volta che le
“zone” da illuminare separatamente sono in
numero limitato ciascuna zona è parte di un circuito
elettrico separato. Quando invece i pixel sono in numero
maggiore si ricorre ad un reticolo di elettrodi
trasparenti disposti da un lato del cristallo (es.
posteriormente) per riga e dall’ altro (es.
anteriormente) per colonna. L’ attivazione di ogni
singolo punto viene comandata da un meccanismo di
indicizzazione rigaXcolonna, per cui ogni pixel si attiva
quando passa corrente in entrambi gli elettrodi
(anteriore e posteriore) che lo riguardano.

Il display TN è caratterizzato da un bassissimo
consumo (usa la luce ambiente per illuminare lo schermo)
ed ha quindi trovato subito numerose applicazioni nel
campo dei computer portatili. Tra gli svantaggi vi sono
però un contrasto piuttosto ridotto e un angolo di
“corretta visione” piuttosto ristretto (circa
20°), dovuti anche alla presenza dello strato di
elettrodi trasparenti davanti al video.

5.2. Display STN

Il display STN (supertwisted nematic) non è altro che
una evoluzione del TN in cui le molecole della fase
nematica (e quindi anche la luce polarizzata incidente)
subiscono una rotazione di 270° invece che di 90°. I
vantaggi principali da essi offerti sono un maggiore
contrasto (circa il triplo) ed un maggiore angolo di
“corretta visione” (circa il doppio) rispetto
ai TN. Presentano tuttavia maggiori problemi di
birifrangenza, per cui qualche volta possono verificarsi
“shift” del colore della luce emergente.
Esistono comunque opportuni metodi correttivi che
permettono di ovviare a questi inconvenienti.

5.3. Display TFT

Il display TFT (thin film transistor) rappresenta
l’ ultimo grido in fatto di display a cristalli
liquidi. Nel display TFT l’ indirizzamento
rigaXcolonna di ogni singolo pixel avviene tutto alle
spalle del display stesso e i pixel sono attivati da un
apposito transistor. Quindi non è più necessario porre
davanti al video una serie di elettrodi-riga o di
elettrodi-colonna mentre è sufficiente la presenza di
una unica lastra trasparente con funzioni di
“terra”. Il contrasto può dunque quadruplicare
rispetto agli STN e anche l’ angolo di visuale
risulta leggermente più ampio. E’ chiaro, tuttavia,
che la maggiore complessità tecnologica dei TFT e dunque
il loro maggiore costo ne limita (per ora) l’

utilizzo ad applicazioni prevalentemente professionali.


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