Premetto: gli amplificatori parametrici appartengono alla tecnologia analogica: con l’avvento delle tecniche numeriche, tale classificazione non ha più alcun significato pratico.
Ciò detto, gli amplificatori parametrici si basano sulle variazioni di un parametro circuitale, generalmente costituito da una reattanza capacitiva (diodo varactor, o varicap).
Il prof. Malatesta (mio ex insegnate) usava paragonare questo metodo a quello con cui una persona su un’altalena riesce a aumentare l’ampiezza delle proprie oscillazioni distendendosi quando è nella posizione quasi verticale e raccogliendosi su sé stesso quando è agli estremi dell’oscillazione.
In linea generale, gli amplificatori parametrici vengono (o meglio, venivano) usati, grazie alla loro bassa cifra di rumore, per amplificare segnali debolissimi a frequenze molto elevate. Essi non garantiscono, però, che un’amplificazione dell’ordine dei 20 dB.
Tipicamente, in un radar analogico ad impulsi e di elevata sensibilità, si può trovare un amplificatore parametrico nello stadio di amplificazione a radio frequenza della sezione di ricezione del radar. (In alternativa può essere usato il maser, che, operando a temperature relativamente più basse, garantisce un’amplificazione dell’ordine dei 30dB con livello di rumore anche minore di quello degli amplificatori parametrici.)
In Radar Astronomia, gli amplificatori parametrici hanno trovato impiego ugualmente nei sistemi di ricezione (nella banda compresa tra i 100 MHz ed i 2 GHz), sempre per sfruttarne la bassa cifra di rumore. Generalmente essi sono impiegati in ambienti raffreddati (talvolta in prossimità dello zero assoluto), per minimizzare le perdite ed il rumore termico. Al di sopra della banda citata, vengono impiegati i già citati maser.
Ignoro se ne esistano edizioni più recenti, eventualmente integrate con capitoli dedicati alle tecniche numeriche.