Vorrei sapere come riuscì Plank a superare il paradosso classico (energia) del corpo nero, che poi portò alla nascita della meccanica quantistica e alla sua h. In particolare vorrei capire come avvengono gli scambi energetici (discreti) tra le pareti del corpo nero che portarono a mettere in discussione la fisica classica (Energia “continua”), fino a giungere a E=n*h*frequenza.

Innanzitutto inquadriamo il problema: un corpo nero e’ un corpo che assorbe
qualsiasi onda elettromagnetica indipendentemente dalla sua frequenza
(non e’ un buco nero perche’ questo non avviene per effetti gravitazionali,
avviene a causa dei semplici processi di assorbimento della luce che avvengono
per qualsiasi corpo sotto i nostri occhi), in base a considerazioni piuttosto
generali, che pero’ necessitano di calcoli molto approfonditi di termodinamica
ed elettromagnetismo, da questo deriva che qualsiasi oggetto che si comporta
come un corpo nero emette, a temperatura fissata, una radiazione con la
stessa composizione in frequenza.

Un sistema molto semplice che ha caratteristiche uguali al corpo nero
e’ una scatola con pareti perfettamente riflettenti, su una delle pareti
viene praticato un piccolo buco, dove per piccolo si intende che le sue
dimensioni devono essere molto minori delle dimensioni della scatola,
dopodiche’ in questa scatola viene “sparata” della radiazione elettromagnetica,
questo e’ infatti il sistema che e’ stato studiato sperimentalmente per
studiare le proprieta’ del corpo nero.

Il buco piccolo serve a fare in modo che qualsiasi radiazione venga
inviata dentro la scatola difficilmente ne esce (a causa delle piccole
dimensioni) quindi questo fa in modo che la scatola si comporti, con un’approssimazione
molto buona, come un corpo nero, perche’ tutte le onde vengono assorbite
e non riemesse, inoltre il buco piccolo permette che una piccolissima
quantita’ di radiazione fuoriesca dalla scatola, senza che cio’ disturbi
la situazione interna dato che l’energia sottratta e’ molto minore dell’energia
contenuta nella scatola, e questa radiazione in uscita puo’ essere usata
per misurare le proprieta’ della radiazione contenuta nella scatola (questo
punto puo’ essere approfondito sul testo di Zemansky “Calore e Termodinamica”
edito dalla Zanichelli).

Dato che le onde elettromagnetiche sono appunto delle onde, non e’ possibile
per una scatola contenere qualsiasi tipo di onda, ma solo quelle che hanno
un periodo spaziale (lunghezza d’onda) che sia un sottomultiplo del lato
della scatola (supponiamo, per semplicità, che la scatola sia quadrata),
perche’ tutte le altre onde, riflettendosi sulle pareti, si sovrappongono
a stesse fuori fase, cioe’ con i massimi già riflessi che non coincidono
con i massimi che si devono ancora riflettere, questo fa in modo che l’onda
si attenui ad ogni riflessione fino a scomparire in poche frazioni di
secondo, invece questo non accade per quelle che hanno la lunghezza d’onda
giusta per cui i massimi riflessi si sovrappongono esattamente a quelli
che devono riflettersi e quindi non c’e’ cancellazione, queste sono le
cosiddette onde stazionarie che ben sono conosciute da chi occupa di acustica
(provate a far suonare uno stereo in una stanza quadrata o con un lato
pari ad un multiplo intero dell’altro, dopo pochi secondi sentirete, in
sottofondo alla musica, un fastidioso rimbombo sordo, dato proprio dalle
onde stazionarie, che fanno risuonare nella stanza anche delle note che
non provengono dal disco, ma che sono generate dal riverbero sulle pareti).

Quando si comincio’ a studiare il corpo nero, vi si applicarono i principi
della fisica classica, per cui valeva una proprietà detta di “equipartizione
dell’energia”, che sostanzialmente afferma che in un sistema all’equilibrio,
a tutti i gradi di liberta’ (cioe’ tutti i modi in cui un sistema puo’
immagazzinare energia) compete la stessa frazione dell’energia totale.
Ora dato che le frequenze possibili, anche tenendo conto della limitazione
sulle lunghezze d’onda, sono infinite (basti pensare al fatto che una
volta presa un’onda con lunghezza d’onda pari al lato della scatola, tutte
le onde con lunghezza pari a questa e divisa per un intero danno luogo
a onde stazionarie), e che ad ogni onda si comporta come se fosse un insieme
di oscillatori (molle) in numero pari al numero di massimi dell’onda,
ne consegue che l’energia totale di un tale sistema dovrebbe essere infinita,
in particolare la potenza emessa dalle frequenze piu’ alte e’ altissima,
e cresce sempre di piu’ con la frequenza, perche’ ad alte frequenze corrispondono
piccole lunghezze d’onda e quindi un maggior numero di oscillatori.

Accade quella che va sotto il nome di catastrofe ultravioletta, perche’
la potenza cresce al crescere della frequenza (la luce ultravioletta e’
quella a frequenze piu’ alte di quella visibile).

Una cosa del genere e’ chiaramente impossibile, perche’ non puo’ esistere
un oggetto che contiene energia infinita.

L’altra alternativa, se si fissa l’energia totale, e’ che ad ogni frequenza
compete energia nulla, perche’ una quantita’ finita (l’energia totale)
divisa per una infinita (numero di gradi di liberta’ del sistema) da 0.

Anche questo e’ impossibile perche’ i corpi neri, che emettono un ben
determinato spettro dimostrando di non avere potenza nulla in almeno un
intervallo finito di frequenze, esistono.

Inoltre tutto questo cozzava drammaticamente con gli esperimenti, che
evidenziavano uno spettro a forma di campana, piccato su una certa frequenza
per cui c’era la potenza emissiva massima, questa frequenza dipendeva
dalla temperatura, mentre la potenza emissiva andava a 0 per le frequenze
molto basse e molto alte. I calcoli classici riproducevano i risultati
sperimentali solo per basse frequenze, mentre ad alte frequenze, come
abbiamo detto prima, le previsioni classiche davano un andamento della
potenze emissiva indefinitivamente crescente al crescere della frequenza.

Planck risolse questo problema introducendo il concetto di quantizzazione
dell’azione, cioe’ il concetto per cui l’azione (che e’ una grandezza
caratteristica di un sistema che normalmente si esprime come differenza
tra l’energia cinetica e quella potenziale integrata sul tempo) puo’ assumere
solo multipli interi di una certa quantita’ detta quanto d’azione, pari
ad h. Formalizzando questa ipotesi Planck introdusse la relazione E=h*f,
che indicava l’energia che si doveva attribbuire ad un oscillatore di
frequenza f (il fattore n compare se si considerano n oscillatori o se
si considera un onda con n massimi all’interno dela scatola), quindi un’onda,
all’interno di una scatola, poteva esistere solo se l’energia che le si
attribbuiva era sufficientemente grande da poter creare almeno un “quanto”
di luce (quello che adesso si chiama fotone) per cui era necessaria un
energuia pari ad h*f.

Da notare che la relazione E=h*f non e’ un risultato della teoria di
Planck, ma un’assunzione, in quanto la quantizzazione dell’azione non
puo’ essere ottenuta, in un contesto di calcoli classici, come quello
fatto da Planck, a partire da altre considerazioni, infatti la prima teoria
che non contempla la quantizzazione dell’azione tra le sue ipotesi di
partenza, ma la ottiene come risultato di altre ipotesi concettualmente
diverse, e’ la meccanica ondulatoria di Schroendiger, che giunse dopo,
quasi alla fine del processo costruttivo della teoria quantistica, e che
per la sua formulazione ha docuto aspettare l’intuizione di Heinsenberg
riguardo il principio di indeterminazione, che, anche se conseguenza concettuale
della quantizzazione dell’azione, era fondamentale per dare corpo alle
conseguenze del dualismo onda-particella.

In particolare, c’e’ da dire che Planck non era intenzionato, all’inizio
del suo lavoro, a quantizzare realmente l’azione, la sua intenzione era
introdurre semplicemente una nuova modalita’ di calcolo, usando questa
discretizzazione e poi considerando il limite per h nulla, cosa che concettualmente
cancella la discretizzazione. Infatti Planck nel suo calcolo fa spesso
uso di procedure matematiche che sarebbero valide, a rigore, solo se gli
scambi di energia fossero continui, cosa che invece non sarebbe giusto
considerare visto che l’ipotesi di Planck e’ proprio quella di eliminare
gli scambi continui di energia, invece Planck lo fa perche’ convinto che
gli scambi siano in realta’ continui e che la discretizzazione vada intesa
solo come artificio matematico. Solo che alla fine, quando procedette
al confronto con i risultati, si rese conto che per far quadrare i conti,
il limite per h nulla non era consistente e che le espressioni ottenute
corrispondevano ai dati sperimentali per un ben preciso valore di h, molto
piccolo, ma ben al di sopra degli errori sperimentali, tanto da non poter
considerare questa quantita’ arbitrariamente piccola, e quindi si convinse,
e poi convinse anche gli altri, che la quantizzazione dell’azione era
una realta’ del mondo fisico.

Riguardo allo scambio energetico tra le pareti e le onde, la questione
e’ molto semplice, nello studio del modello (molto semplificato, in realta’)
del corpo nero su cui ha lavorato Planck e che ha portato alla formulazione
della meccanica quantistica, non c’e’ scambio perche’ le pareti sono considerate
perfettamente riflettenti e quindi le onde si riflettono su di esse senza
scambi di energia, esattamente come una boccia che rimbalzi sulle pareti
di un biliardo con urti perfettamente elastici.

Una volta assodata la natura corpuscolare, o meglio quantizzata, della
luce bisognerebbe riformulare tutto in termini di interazione tra i fotoni
e gli atomi delle pareti, ma questo non e’ stato fatto al tempo di Planck
o immediatamente dopo (per l’ovvio motivo che si era all’inizio dello
studio quantistico del mondo), e comunque una discussione del genere ci
porterebbe lontano dalla domanda che hai fatto.

Puoi approfondire l’argomento sull’articolo di Giuseppe Giuliani (suggerito
da Paolo Sirtoli) che trovi all’indirizzo http://matsci.unipv.it/percorsi/Planck.htm
che e’ una review divulgativa sui passi storici nello studio dello spettro
di corpo nero.