Un articolo pubblicato su “Donna” (supplemento di “Repubblica” del 6 marzo) descrive l’agopuntura come una pratica curativa dall’efficacia ormai assodata, ingiustamente discriminata dall’ottusa scienza ufficiale (!). Tra l’altro si cita un esperimento condotto alla fine degli anni Ottanta presso l’istituto di Medicina nucleare dell’Ospedale Maggiore di Bologna da Carlo Maria Giovanardi, esperimento secondo cui “iniettando in un particolare punto un isotopo radioattivo, il tecnezio, è possibile seguirne il percorso esattamente lungo il meridiano. Se invece il tecnezio viene iniettato in un’area adiacente si forma una sorta di lago; la sostanza non si sposta lungo i canali energetici”. Altre prove sembrerebbero provenire dalle immagini prodotte con la Pet, che “mostrano che gli aghi modificano l’attività delle regioni del sistema nervoso centrale che coordinano la percezione del dolore” (Wen-Ching Liu, docente di Radiologia alla University of Medicine and Dentistry del New Jersey), e dall’esperimento di Streitberger (anestesista dell’Università di Heidelberg). Come valutare questi esperimenti?

Mi
sono procurato l’articolo citato dalla lettrice e l’ho letto. Innanzi
tutto vorrei fare notare che buona parte dell’articolo è basato su un’intervista
a Carlo Maria Giovanardi, presidente della FISA, ovvero la Federazione
Italiana delle Società di Agopuntori. Quindi l’impostazione generale dell’articolo
non è certo obiettiva. Essa appare sostanzialmente propagandistica e non
c’è affatto da meravigliarsi che si citino esclusivamente dati a favore
dell’efficacia dell’agopuntura. Sarebbe come chiedere a un astrologo se
l’astrologia funziona o meno: la sua risposta sarebbe scontata. (Anche
i siti Internet e gli indirizzi riportati in coda all’articolo confermano
questa impressione: sono tutti relativi ad associazioni di agopuntori
e, quindi, inevitabilmente di parte).

Nell’articolo
vengono citati numerosi lavori pubblicati anche su riviste mediche serie
che porterebbero prove a favore dell’efficacia dell’agopuntura in numerosi
casi: trattamento contro la dipendenza da eroina e cocaina, azione sul
sistema endocrino che indurrebbe una maggiore produzione di ormoni sessuali
femminili, trattamento degli effetti collaterali della chemioterapia,
trattamento dell’asma allergica, ecc. Tuttavia se si ricerca nella letteratura
scientifica, per ogni articolo che sostiene di dimostrare l’efficacia
terapeutica dell’agopuntura, se ne trova sicuramente un altro che sostiene
esattamente l’opposto. Cercando di tirare un pochino le somme di tutta
la letteratura sull’argomento si può affermare quanto segue. L’efficacia
terapeutica dell’agopuntura non è ancora stata dimostrata in modo convincente
per nessuna patologia. Sembra invece sufficientemente dimostrata una certa
efficacia antidolorifica. In pratica l’agopuntura sembra poter essere
efficace per combattere alcuni sintomi, ma non certo per curare le relative
patologie.

Inoltre
non solo non è mai stata dimostrata l’esistenza dei meridiani, ma neppure
la validità dei famosi punti dell’agopuntura. Sembra, infatti, che l’agopuntura
esercitata in altri punti (evidentemente non scelti del tutto a caso,
ma evitando alcuni punti gravemente vulnerabili!) abbia lo stesso effetto
dell’agopuntura esercitata nei punti della medicina tradizionale cinese.

Sorprende
quindi fortemente l’affermazione del Giovanardi, secondo la quale lui
stesso avrebbe dimostrato la reale esistenza dei meridiani utilizzando
un tracciante radioattivo, con l’esperimento citato dalla lettrice. Il
concetto di meridiano non trova riscontro in nessuna delle conoscenze
anatomiche e fisiologiche della medicina scientifica. Inoltre la famosa
“energia” che circolerebbe all’interno dei meridiani non ha assolutamente
alcun senso dal punto di vista scientifico. Gli agopuntori si sono sempre
guardati bene dal definire esattamente che tipo di energia sia. Le affermazioni
di molti di loro sono a questo proposito assolutamente vaghe e inconsistenti
dal punto di vista scientifico. In ogni caso l’esperimento di Giovanardi,
ammesso e non concesso che sia attendibile, avrebbe semplicemente dimostrato
il trasporto di materia (il tracciante radioattivo) e non certo quello
della famosa energia, base di tutto il modello teorico su cui si fonda
l’agopuntura. Va inoltre osservato che per cercare di interpretare l’efficacia
antidolorifica dell’agopuntura dal punto di vista scientifico, si tende
oramai a ipotizzare che l’infissione degli aghi possa stimolare il rilascio
di endorfine e di altri neurotrasmettitori che possono intervenire nella
percezione del dolore. Questo potrebbe, ad esempio, consentire di interpretare
i dati risultanti dalle indagini PET (Tomografia a Emissione di Positroni)
citati nell’articolo e ricordati dalla lettrice. In ogni caso, tutto ciò
non ha assolutamente alcun riscontro nel modello teorico della medicina
tradizionale cinese. Basandosi su concetti vaghi, mal definiti e soprattutto
non osservabili, tale modello appare molto più vicino alla magia che non
alla scienza.

 

A integrazione di questa risposta e con particolare riferimento
all’esperimento che avrebbe dimostrato l’esistenza dei meridiani citati
dalla lettrice, riporto il seguente brano, tratto dal libro I ciarlatani
della salute di Jean Marie Abigrail Editori Riuniti, Roma 1999 (cap. 3:
“Degli aghi e dei mali”, da pag. 59).

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[…]
Il 5 novembre 1985, i telegiornali aprivano con un’informazione destinata
a rivoluzionare la medicina. Alcuni ricercatori avevano messo in evidenza
l’esistenza dei meridiani di agopuntura. I professori Albarède, de Vernejoul
e Darras avevano oggettivato la diffusione di un isotopo radioattivo usato
come tracciante; la diffusione del prodotto (Tecnezio 99) dal punto di
iniezione al livello del piede lungo tutta la gamba doveva tendere a provare
la realtà dei meridiani. L’impatto dell’annuncio era tanto maggiore in
quanto questa “scoperta” era stata oggetto di una comunicazione all’Accademia
nazionale di Medicina e i medici erano collegati al servizio di biofisica
e di medicina nucleare dell’ospedale Necker. Nel concerto degli elogi,
alcune voci si levarono per esprimere qualche dubbio sull’autenticità
di una simile prova, in particolare quella della rivista Science et vie.
Nell’aprile del 1986 appariva, sotto la firma del dottor Jean Michel Bader,
un articolo che esponeva i risultati dell’esperimento realizzato da quel
medico secondo il protocollo dei dottori Darras, Albarède e de Vernejoul.
I risultati furono senza appello: l’iniezione di un prodotto radioattivo
in un punto qualunque del corpo umano si accompagnava a una diffusione
secondo la rete venosa, e questo indipendentemente dal fatto che l’iniezione
fosse praticata in un punto di agopuntura o altrove. La non diffusione
del prodotto iniettato al di fuori di un punto di agopuntura, così come
era stata riferita dagli “scopritori”, era spiegata dal fatto che questi
ultimi, con ogni verosimiglianza, avevano interrotto l’esperimento alla
prima lastra o avevano regolato l’oscilloscopio in modo da sopprimere
le zone di radioattività debole, testimoni “scomodi” della diffusione
del prodotto. Secondo l’espressione di Henri Broch, l’evidenziazione dei
meridiani mediante tracciante radioattivo non una prova “beton” [solida],
ma una prova “bidon” [fasulla].

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