Quali sono le condizioni fisiche che bisogna rispettare per ottenere una trasformazione quasi statica e quali per una reversibile nell’accezione dela termodinamica postulatoria del Callen?

Quando si
inizia a studiare la termodinamica due dei primi concetti con cui si
deve familiarizzare sono quelli di trasformazione quasi-statica e
trasformazione reversibile.



Questi due tipi di trasformazioni sono quelli che possono essere
studiati passo per passo tramite il formalismo della termodinamica,
mentre trasformazioni che non appartegono a questo tipo devono
necessariamente essere studiati in ambiti microscopici e quindi più
complessi. Questo perchè la termodinamica è una teoria dell’equilibrio
per definizione e quindi può occuparsi solo di stati di equilibrio.
Mentre lo stato iniziale e finale di una qualsiasi trasformazione sono
di equilibrio per definizione, e quindi comunque rientrano nell’ambito
della termodinamica, gli stati intermedi possono essere di equilibrio
oppure no, nel primo caso anche essi possono essere studiati
nell’ambito della termodinamica.



Come dice il nome, una trasformazione quasi-statica è una
trasformazione molto lenta. Lenta al punto che tutti i singoli stati
intermedi sono di equilibrio. Una pallina che scivola lungo un piano
inclinato non è una trasformazione quasi statica perché tutti gli stati
intermedi vedono la pallina con velocità non nulla e quindi non sono
stati di equilibrio. Ma se la discesa della pallina è ostacolata da un
attrito viscoso talmente grande da rendere praticamente nulla la
velocità istantanea della pallina, pur non bloccandone la discesa,
allora siamo di fronte a una trasformazione quasi statica.



All’interno delle trasformazioni quasi-statiche è possibile
individuare una classe più ristretta di trasformazioni che è quella
delle trasformazioni reversibili, che sono quelle trasformazioni in cui
è possibile osservare processi spontanei sia in una direzione che
nell’altra, da qui il nome.



Le trasformazioni reversibili sono un sottoinsieme di quelle
quasi-statiche perchè ci si rende conto immediatamente che la
quasi-staticità è una condizione necessaria alla reversibilità, ma non
è sufficiente. Questo perchè mentre, la reversibilità richiede
necessariamente che tutti gli stati intermedi siano di equilibrio,
altrimenti il sistema, percorrendo la trasformazione inversa, non
attraversa gli stessi stati intermedi, la quasi-staticità da sola non
garantisce la reversibilità, in quanto un processo, per quanto lento,
può comunque avvenire in maniera irreversibile (si pensi ad esempio
all’espansione libera di un gas contro il vuoto: può avvenire senza
interferenze esterne, anche molto lentamente in modo da essere
quasi-statica, ma nessun gas rientra spontamenamente in un recipiente
più piccolo se non vi è costretto da una compressione esterna).




Dopo questi richiami doverosi ai concetti che la domanda mette in gioco possiamo passare alla risposta vera e propria.



Il testo “Thermodynamics and an Introduction to Thermostatistics”
di Herbert B. Callen, pietra miliare della letteratura scientifica nel
campo della termodinamica e della meccanica statistica, un vero e
proprio must per chi lavori in questo campo, presenta una formulazione
della termodinamica di tipo assiomatico, rigoroso e formale, una
formulazione logicamente indipendente dalla formulazione ingenua di
solito riportata sui testi di fisica generale, ma che in realtà la
richiede come conoscenza pregressa per poter apprezzare e sfruttare a
pieno il formalismo assiomatico che propone (come l’analisi matematica
è logicamente indipendente dall’algebra ingenua studiata alle scuole
medie ed elementari, ma provate a spiegare cos’è una derivata ad un
bambino che va alle elementari…).



Il formalismo presentato sul Callen lavora principalmente sulla
funzione Entropia S, che è definita come una certa funzione delle
variabili estensive del sistema (energia U e tutte le altre che
indicheremo con X) con determinate proprietà analitiche, in particolare
è una funzione concava rispetto a tutte le sue variabili.



Per capire bene la definizione rigorosa dei due tipi di
trasformazioni viste prima, consideriamo la superficie che rappresenta
la funzione Entropia S di un sistema isolato, nello spazio degli stati,
cioè in uno spazio astratto in cui su ogni asse ci sono i valori di una
delle variabili estensive che caratterizzano il sistema. Per poter
visualizzare un esempio indichiamo solo l’Entropia S, l’energia interna
U e un’altra grandezza estensiva qualunque X.



Se invece vogliamo studiare il comportamento dell’entropia di un
sistema composto da due sottosistemi S dipenderà non solo dal valore
dei parametri estensivi totali, ma anche da come essi sono distribuiti
nei due sottosistemi, indichiamo con le lettere U e X i parametri
estensivi totali e con U’ e X’ quelli relativi a uno dei due
sottosistemi (chiaramente U’ è minore di U e X’ è minore di X). In tal
caso la rappresentazione della funzione S nello spazio degli stati
composto (in cui sugli assi ci sono sia le grandezze totale che quelle
apiciate) ha la forma




Consideriamo una qualsiasi curva regolare che giaccia sulla superficie rappresentata nella seconda figura.




Questa curva è quella che il Callen definisce una trasformazione quasi
statica, infatti è un luogo di punti dello spazio degli stati e quindi
è una successione di stati di equilibrio. Chiaramente nessun processo
reale può essere rappresentato in tale modo, perché un processo reale è
sempre la successione di stati di equilibrio e di non-equilibrio.
Quando operiamo una trasformazione reale il sistema scompare dal punto
iniziale nello spazio degli stati e poi ricompare in quello finale, se
la trasformazione non attraversa nessuno stato intermedio di
equilibrio. Se vi sono stati intermedi di equilibrio allora il sistema
riappare nello spazio degli stati (e sulla superficie S) anche in tappe
intermedie (le diverse lettere sulla curva). Non è mai possibile far
coincidere una trasformazione reale con una quasi-statica, ma operando
con cura è possibile aumentare a piacere il numero di punti di contatto
tra la trasformazione reale e una quasi-statica, per cui possiamo
immaginare un processo reale quasi-statico come un luogo di punti che è
denso, nel senso dell’insiemistica, nella curva quasi-statica ideale.
Questo è quello che il Callen definisce come trasformazione
quasi-statica: una successione, non necessariamente continua, di stati
di equilibrio che hanno una distanza temporale riducibile a piacere.



Dal punto di vista delle condizioni fisiche questo vuol dire che il
sistema non deve mai presentare delle fluttuazioni locali in un
qualsiasi parametro intensivo. Dato che un qualsiasi sistema lasciato a
sé stesso evolve velocemente verso stati a entropia più alta, perdendo
quindi le condizioni di equilibrio interno fino al raggiungimento dello
stato finale, l’unico modo per far compiere ad un sistema chiuso una
trasformazione quasi statica è quello di disseminare il cammino di
vincoli che obblighino il sistema a fermarsi in tappe intermedie tra lo
stato iniziale e finale, se il numero di vincoli è sufficientemente
grande allora la successione di stati di equilibrio intermedi diventa
densa nella curva quasi-statica e tale risulta anche la trasformazione.



Se lo stato finale e quello iniziale hanno la stessa entropia (cioè
hanno la stessa quota in uno dei due disegni precedenti), allora si può
pensare di costruire una successione di stati intermedi che oltre ad
essere densa in una curva quasi-statica, sia anche una successione di
stati tutti quanti alla stessa entropia, una curva del genere è
rappresentata dall’intersezione tra la superficie S e un piano a
entropia costante come in figura



In tal caso si ha una trasformazione reversibile, perchè il sistema
evolve in entrambe le direzioni con una guida opportuna ma che non
necessita di interferire con il sistema stesso. Se invece prendiamo una
curva che, pur avendo gli estermi alla stessa entropia, presenta
variazioni di quota, essa sarà composta da tratti spontanei, in cui il
sistema si sposta verso stati a entropia più alta, e tratti forzati, in
cui il sistema deve spostarsi verso stati a entropia più bassa, ma
questo può avvenire solo scambiando energia a basso contenuto entropico
(lavoro) con l’esterno (per cui il sistema non è più chiuso e inoltre
si aumenta l’entropia dell’esterno), per cui il risultato non può
essere una trasformazione reversibile in quanto il lavoro assorbito non
può essere restituito integralmente all’ambiente, ma una parte deve per
forza essere convertita in calore (secondo principio della
termodinamica).



Di conseguenza, per avere una trasformazione reversibile, oltre
alle condizioni necessarie per una quasi-statica, dobbiamo anche avere
l’equilibrio con un sistema esterno che guidi il sistema lungo una
curva a entropia costante senza scambiare energia con esso. Chiaramente
è un’idealizzazione che va considerata come situazione limite alla
stessa stregua della definizione di trasformazione quasi-statica data
all’inizio.