La fisica nucleare sta concentrando i propri sforzi nella ricreazione del Big Bang (CERN di Ginevra), quali problemi filosofici solleva questo tentativo della scienza di ricercare le origini dell’universo, e quindi dell’uomo, da sempre prerogativa della filosofia e della religione?

Perché mai ricercare le origini dell’universo e dell’uomo dovrebbe essere
prerogativa della filosofia e della religione? Quando ci si pone una domanda,
qualunque strada che consenta di raggiungere la risposta è legittima.

Se si analizza la storia del pensiero, ci si rende conto che l’uomo ha
rivolto molte delle sue domande alla filosofia o addirittura alla religione,
semplicemente perché non aveva altre strade da percorrere. Ad esempio,
molti fenomeni naturali, in origine, venivano interpretati in termini
di manifestazioni divine. Successivamente vennero formulate ipotesi, frutto
di pure speculazioni, per fornirne una spiegazione. In questo modo, tuttavia,
non si andava al di là delle singole opinioni individuali. Ognuno diceva
la sua e ogni opinione aveva pari valore delle altre. Prova ne è che esistono
moltissime religioni e moltissime concezioni filosofiche, spesso assolutamente
in contrasto tra loro. L’approccio scientifico, al contrario, permette
di superare le singole opinioni e di raggiungere conclusioni che possono
essere condivise da chiunque. Il grande valore innovativo della scienza
nella storia del pensiero consiste proprio in questo. Purtroppo non tutte
le domande che l’uomo si pone in un dato momento storico sono suscettibili
di un approccio scientifico. Ad esempio, fino agli inizi dell’ottocento
le cosiddette teorie vitalistiche sostenevano che i sistemi biologici
sfuggivano alle normali leggi della fisica e della chimica. E, in effetti,
queste discipline erano, in quel momento, incapaci di trattare i sistemi
viventi. I loro sviluppi successivi, tuttavia, mostrarono che le teorie
vitalistiche erano soltanto un pregiudizio e che anche i sistemi biologici
potevano benissimo rientrare nel dominio di studio della scienze chimico-fisiche.
Per quanto riguarda l’origine dell’uomo, fin dall’ottocento, Darwin dimostrò
come fosse possibile ottenere brillanti risultati applicando un approccio
scientifico. Per molto tempo anche il problema dell’origine dell’universo
(forse uno dei massimi quesiti che l’uomo si pone) sembrava esulare completamente
dalle possibilità della scienza e quindi l’unica consolazione consisteva
nel rifugiarsi nella filosofia o nella religione. Gli sviluppi più recenti
della scienza, e in particolare della fisica, hanno fatto però riconsiderare
diversamente il problema. Lo sforzo congiunto dei ricercatori sperimentali
e teorici ha consentito di elaborare possibili interpretazioni dell’origine
dell’universo e di progettare esperimenti in grado di controllarne la
validità. Gli esperimenti cui fa riferimento la lettrice riguardano gli
studi finalizzati alla conoscenza dello stato della materia un attimo
dopo il Big Bang. Tali esperimenti sono iniziati lo scorso giugno nei
laboratori di Brookhaven a Long Island. Studi analoghi e più approfonditi
saranno compiuti nei prossimi anni al CERN di Ginevra dopo che sarà ultimata
la realizzazione di ALICE, ovvero uno degli esperimenti del LHC, il prossimo
acceleratore di particelle. In questi esperimenti vengono provocati urti
tra ioni pesanti, per esempio nuclei di piombo. Questi studi hanno portato
alla scoperta di un nuovo stato di materia che viene chiamato plasma di
quark e gluoni, in cui i componenti elementari della materia sono allo
stato libero anziché essere confinati in particelle più grandi. Gli esperimenti
di Brookhaven hanno tra l’altro suscitato molto clamore poiché si è detto
che durante la loro realizzazione vi sarebbe stato un rischio concreto
di distruggere l’intero pianeta. Tale distruzione potrebbe verificarsi
in seguito alla formazione di un particolare aggregato di quark che viene
definito tecnicamente strangelet. Tale particella potrebbe interagire
con altra materia innescando una reazione a catena che potrebbe coinvolgere
l’intero pianeta. In realtà la possibilità teorica che si formi questa
particella esiste anche al di fuori dei laboratori. In teoria, infatti,
i raggi cosmici che continuamente ci bombardano potrebbero indurre la
formazione dello strangelet. Il fatto che finora il mondo esista ci fa
capire quanto sia bassa la probabilità che si verifichi un simile evento
catastrofico.

Per tornare alla domanda della lettrice, non mi sembra che i problemi
filosofici legati ai tentativi della scienza di comprendere l’origine
dell’universo derivino dallo sconfinamento in campi tradizionalmente gestiti
dalla filosofia e dalla religione. Il problema principale e terribilmente
affascinante, secondo me, è un altro: “Com’è possibile che una porzione
dell’universo (il nostro cervello) riesca a comprendere se stesso e la
sua stessa origine?”. Chissà, forse quando la scienza ci avrà fatto capire
di più sul nostro cervello anche questa domanda otterrà una risposta.