Mi chiedevo in che modo la modificazione della dieta dei primi ominidi da vegetariana a carnivora abbia potuto modificare l’apparato masticatorio e di conseguenza il volume cerebrale (e quindi la facoltà di pensiero). Grazie.

 
Tra i Primati attuali le due più grandi famiglie sono i Pongidi (Pongidae), con tre generi e quattro specie di scimmie antropomorfe (gorilla, scimpanzè, bonopo, orango), e gli Ominidi (Hominidae) di cui fa parte un solo genere ed una sola specie, Homo sapiens sapiens.
La separazione di queste due famiglie sarebbe avvenuta circa 4 milioni di anni fa da un progenitore comune sconosciuto. Nel 1978, a Laetoli in Tanzania, vennero rinvenute tracce fossilizzate di ominidi datate intorno ai 3,7 milioni di anni fa. Queste orme mostravano chiaramente che l’andatura bipede si è manifestata molto prima dello sviluppo cerebrale e dell’utilizzo di utensili. Alcuni ipotesi fanno ritenere che le impronte siano appartenute all’Australopithecus afarensis (la famosa Lucy) vissuta nell’Africa orientale tra i 3 e i 3,9 milioni di anni fa, o comunque a qualche altro antenato diretto dell’uomo.
Tuttavia recenti scoperte hanno fatto pensare che l’andatura bipede si sia evoluta più di una volta prima di arrivare all’uomo e ai Pongidi, ma che in alcune linee evolutive sia scomparsa senza portare a nulla.

Rappresentazione dei primati attuali nell’albero genealogico

Gli Australopitechi (letteralmente “scimmia australe”) vissero in Africa tra i 3,7 e gli 1,2 milioni di anni fa. Comprendono diverse specie di cui non sono ancora ben chiare le parentele, e rappresentano la via di transizione tra le scimmie e l’uomo. Nonostante non mostrino un grosso sviluppo cerebrale, sono capaci di stazione eretta permanente ed anche se normalmente vegetariani possono nutrirsi occasionalmente di altri cibi.
Nell’Australopithecus afarensis, gli incisivi sviluppati indicano una dieta prevalentemente a base di frutta. Può sembrare strano che un bipede perfetto (come mostrano le orme fossili di Laetoli), presenti articolazioni delle falangi tipiche degli animali arboricoli. Si può supporre che l’afarensis alternasse movimenti sulla terra ferma a quelli sugli alberi, per esempio per trovare rifugio e cibo.
Poco prima della scomparsa dell’afranensis (2,8 milioni di anni fa), vengono datati i resti di un altro australopiteco: l’africanus. Lo studio dei denti ha mostrato incisivi più piccoli e molari più grandi rispetto all’afarensis, il che induce a pensare che si nutrissero prevalentemente di vegetali fibrosi, più consistenti della frutta, e di piccole prede occasionali o resti abbandonati.
Ci sono altre due specie di Australopitechi non ritenuti facenti parte della linea evolutiva che ha portato all’uomo, ma che probabilmente sono vissuti nella stessa epoca. Si tratta dell’A. boisei e dell’A. robustus.

Tutti gli australopitechi in conclusione erano di piccole dimensioni, con volume cerebrale modesto paragonabile a quello delle attuali scimmie antropomorfe (400-500cc) alimentazione prevalentemente vegetariana, occasionalmente potevano nutrirsi di altri cibi.

I primi ominidi del genere Homo, contemporanei degli ultimi Australopitechi, a differenza di questi avevano dimensioni corporee maggiori, volti più piccoli, molari meno massicci e non presentavano cresta sagitale. Ciò che indusse il cambiamento di alimentazione e di abitudini e portò alle attuali linee di primati fu probabilmente la variazione climatica che ha inaridito l’ambiente africano. Le specie di proscimmie, australopitechi e ominidi, si separarono. Una parte rimase nella foresta adattandosi ad estrarre cibo da fonti sempre più limitate, un’altra si spostò ai margini di essa cercando cibo sul terreno ma rifugiandosi sugli alberi per protezione (da questa linea discendono gli attuali scimpanzè). Un’ultima parte, per competizione e scarsità di cibo, fu costretta ad abbandonare la foresta ed a spostarsi sul terreno percorrendo lunghe distanze in cerca di cibo.

Dalla comparsa dell’Homo habilis (da 2,4 a 1,5 milioni di anni fa) si osserva un esponenziale accrescimento del volume cerebrale che passa rapidamente da 600 cc ai 900 cc dell’Homo erectus comparso realtivamente poco più tardi. L’Homo habilis è stato così chiamato per la capacità di costruire strumenti in pietra, una caratteristica che richiede una certa manualità e quindi un cervello più sviluppato. Questa specie era contemporanea degli ultimi australopitechi, in particolare del boisei del robustus, ma a differenza di loro l’habilis si nutriva prevalentemente di carne. Anche gli Australopitechi si nutrivano occasionalmente di carne, un po’ come fanno oggi gli scimpanzè. E’ probabile che prima di diventare cacciatori veri e propri gli habilis si nutrissero di carcasse e solo successivamente abbiano sviluppano tecniche di caccia grazie all’utilizzo di strumenti. La capacità tra l’altro di manipolare gli oggetti per renderli adatti ai loro scopi è stato probabilmente la causa principale dello sviluppo cerebrale ma non l’unica.
Nel passaggio dallo stile di vita arboreo a quello terrestre la funzione olfattiva, fino ad allora preminente, è stata surclassata da quella visiva. Questo si riflettè nel cervello con un notevole sviluppo del mantello corticale.

Orma di Laetoli

L’Homo erectus (1,8 milioni di anni fa) diretto discendente dell’habilis è ormai un cacciatore-raccoglitore molto simile all’uomo, con arti inferiori lunghi rispetto alle braccia. Da questa specie iniziano le migrazioni fuori dall’Africa e si scopre l’utilizzo del fuoco per cuocere i cibi, per riscaldarsi e come difesa. L’alimentazione di cibi cotti si riflette nella dentatura più piccola. Il volume celebrale è di circa un terzo più grande di quello dell’habilis (900 cc contro 600 cc) ma ancora non grande quanto quello dell’uomo attuale (circa 1350 cc).
Poichè non è il volume che determina l’intelligenza, ma l’organizzazione della struttura, sulle capacità intellettuali dell’erectus ci sono varie ipotesi. C’è chi pensa che siano state superiori a quelle dell’habilis e chi invece pensa che l’aumento del volume cerebrale sia servito per correre. L’erectus era un cacciatore, si nutriva di carne che, a differenza dei vegetali, bisognava rincorrere per riuscire a catturare. Difatti la grande innovazione che ha caratterizzato il cervello dei mammiferi è stata l’evoluzione di una corteccia cerebrale deputata al movimento muscolare.

Sembrerebbe dunque che l’evoluzione sia proceduta cominciando dai piedi per arrivare alla testa e che lo sviluppo del cervello sia una conseguenza dell’andamento bipede. In realtà potrebbero esserci anche altri fattori concomitanti che permisero lo sviluppo cerebrale, sta di fatto che senza un’alimentazione più ricca questo non sarebbe potuto avvenire.
Avere un cervello più grande significa consumare più energie per mantenerlo. Il 20-25% del fabbisogno energetico di un adulto serve al metabolismo basale del cervello, negli altri primati è dell’8-10% e in altre specie animali non primati è circa il 3-5%. La carne, il latte e altri prodotti di origine animale a parità di peso contengono più calorie e sostanze nutritive di quelli di origine vegetale (frutta, foglie, ecc.).
Se osserviamo i primati attuali si può notare che il loro tipo di alimentazione varia con il variare delle dimensioni del cervello. I primati con cervello più grande hanno alimentazione più ricca. L’uomo, in particolare, ha un’alimentazione molto differenziata e ricca di calorie, cuoce gli alimenti per aumentarne la digeribilità e pratica attività agricole che ne accrescono la produttività e la resa in nutrienti.

Si può concludere che la legge che governa tutto ciò è sempre quella di ottenere il maggior apporto energetico dalla minore quantità possibile di cibo con il minimo dispendio energetico, cosa che nell’uomo ha raggiunto i massimi livelli con una dieta variatissima che gli ha permesso di colonizzare praticamente quasi tutti gli ambienti terrestri e di crescere numericamente.

Bibliografia
– “Cibo per pensare” di William R. Leonard – Le Scienze n.413 2003
– “La galassia mente” di Rita Levi Montalcini – Ed. Baldini&Castoldi, 2001
– “La straordinaria storia dell’uomo” di Piero e Alberto Angela – Mondadori Editore, 1989