Conoscendo la distanza di un sismografo dall’epicentro qual è il calcolo che ci permette di risalire al tempo di propagazione dell’onda P?

Prima di affrontare la risposta va precisato che la lettrice ha dichiarato la conoscenza della sola distanza la quale, nel caso specifico dei terremoti, è un dato “ricavato” da altre grandezze note. Bisogna quindi premettere che conoscendo la sola distanza non è possibile risalire al tempo. Infatti, in una relazione espressa da qualsiasi formula che coinvolge tre o più grandezze, per conoscere una qualsiasi delle grandezze sconosciute, serve conoscere tutte le altre.

Ad esempio, nella formula:         

per avere il valore numerico di una qualsiasi delle tre lettere sconosciute, si richiede la conoscenza delle altre due.

Un’onda è una struttura ripetitiva (periodica) tanto nello spazio che nel tempo. Considerando la sua periodicità spaziale, si può introdurre la distanza che intercorre tra due suoi massimi (o minimi) consecutivi, che viene chiamata appunto lunghezza d’onda, solitamente indicata con la lettera greca(lambda) e misurata, per esempio, in metri e/o sottomultipli di metro.
La frequenza è invece una misura della ripetitività temporale (periodicità) di un’onda: quante volte nell’unità di tempo, per esempio in un secondo, si ripetono in una posizione fissa i punti di massimo (o minimo) dell’onda. La frequenza, che rappresenta quindi quanti cicli al secondo fa un’onda, si indica in genere con la lettera greca  (nu), e si misura in Hertz (abbreviato Hz): un Hz equivale ad 1 ciclo al secondo. Lunghezza d’onda e frequenza sono, naturalmente, tra loro legate. Il legame è dato dalla velocità Vp di propagazione dell’onda, tramite la semplice relazione:


Un terremoto provoca due tipi di onde che si propagano all’interno della Terra e sono dette onde di volume: onde P (primarie) e onde S (secondarie).
Le onde S si muovono a circa la metà della velocità delle onde P.
(In realtà un terremoto genera anche altri tipi di onde (onde di Rayleig e onde di Love, dette onde superficiali) ma non le consideriamo in quanto non pertinenti alla domanda.

Sulle onde sismiche vedi http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=7034.
)

La velocità delle onde P, per la diversità delle rocce in cui esse si propagano, può variare da circa 0,4 a 15,0 km/sec. Più in generale, la velocità d’ogni tipo di onda sismica varia secondo la densità e l’elasticità delle rocce attraversate. Così, nonostante in un sismogramma si distingua quasi sempre molto bene l’arrivo delle onde P e delle onde S, la differenza dei tempi di arrivo di queste onde serve solo approssimativamente a determinare la distanza della zona focale dal luogo di rilevamento.

La propagazione delle onde sismiche, dunque, dipende dal tipo e dalla conformazione delle rocce attraversate e, in base alla natura geologica dei luoghi raggiunti, esse si manifestano con maggiore o minore ampiezza e accelerazione.
Ad esempio, nel granito la velocità delle onde P è di circa 5,5 km/sec, quella delle onde S è 3 km/sec; nell’acqua la velocità delle onde P è circa 1,5 km/sec, mentre le onde S non si propagano per tale mezzo né in altri mezzi liquidi.


Figura 1: Grafico relativo alle velocità delle onde P in relazione alla tipologia delle rocce attraversate.

 
Figura 2: Onde P.

Figura 3: Onde S. 

Il rapporto tra le velocità medie di un’onda P e la seguente onda S è praticamente costante.
Questo fatto permette ai sismologi di rilevare il ritardo tra l’arrivo dell’onda P e l’arrivo dell’onda S per ottenere una veloce e ragionevolmente accurata stima della distanza di un terremoto dalla stazione d’osservazione. Basta moltiplicare la differenza S-P, in secondi, per una costante.

I parametri fondamentali nell’analisi del segnale sismico sono:
        1) il tempo di arrivo delle onde P e il primo impulso;
        2) il tempo di arrivo di fasi successive, come le onde S, quando è possibile;
        3) l’ampiezza massima della traccia e il suo periodo;
        4) la durata della traccia sismica.
Il tempo di arrivo delle onde P e S vengono utilizzati per la localizzazione del terremoto.

La distanza sismografo-epicentro (D) è calcolata in base alle seguenti grandezze:
        Velocità delle onde P (Vp);
        Velocità delle onde S (Vs):
        Differenza delle due Velocità (Vp – Vs);
        Tempo di percorrenza delle onde P (Tp);
        Tempo di percorrenza delle onde S (Ts);
        Differenza in secondi tra i due tempi (Ts – Tp).

Tali valori sono sono tutti ricavati dai sismogrammi e legati tra loro nella seguente formula che calcola la distanza (D).
Conoscendo sia il tempo delle onde P che delle onde S, si possono usare gli intervalli di tempo S-P per avere una stima della distanza epicentrale dalla stazione:

             (1)


in cui Vp e Vs sono le velocità di propagazione delle onde P ed S, Tp e Ts sono i tempi di arrivo.

La profondita’ dei terremoti
La profondita’ alla quale avvengono i terremoti è molto variabile, ma al massimo può raggiungere i 6-700 km. Tradizionalmente i terremoti si dividono in:
            – superficiali (0-70 km): Vp/Vs =1,6
            – intermedi (70-300 km): Vp/Vs =1,8
            – profondi (>300 km): Vp/Vs =1.8

I terremoti intermedi e profondi hanno origine su placche litosferiche che stanno sprofondando nel mantello astenosferico in corrispondenza di margini compressivi tra placche, in particolare lungo il Piano di Benioff (figura 4).

 
Figura 4: Immagine che mostra la zona di Benioff un cui avvengono i terremoti.


Per valori tipici di velocità delle onde P di 6 Km/s:
Vp/Vs =1.8; la distanza D in chilometri è data da 7,518 volte la differenza (Ts – Tp).

Nel caso in cui i terremoti avvengano a profondità superficiale si userà invece un valore Vp/Vs =1.6, così che Vs =0,625Vp.

              (2)


Esempio:
Consideriamo un terremoto a profondità intermedia le cui onde P ed S siano state rispettivamente registrate alle ore 12:10:00 e 12:20:00.
Assumiamo i valori tipici delle onde P di 6 Km/sec con Vp/Vs =1.8 per cui Vs =3,333 Km/sec.

Avremo:  (Ts – Tp)= 12:20:00- 12:10:00 = 10’ = 600 secondi.
Utilizzando la formula (1) si avrà:

Dalla formula (2) avremo identico risultato: D= 7,518 x 600= 4510,8 Km

Conoscendo la distanza epicentro-sismografo e la la velocità delle onde P (o delle onde S), è possibile ricavare il tempo utilizzato dalle onde per percorrere lo spazio (la distanza) tra il punto in cui è avvenuto il terremoto e la stazione di rilevamento.

Tale tempo viene ricavato da una semplice formula della fisica:

     (3)       dalla quale si ricava la (4):       

                       

La
formule (1) e (2), però, ci consentono di determinare solo a che
distanza si è scatenato il terremoto, non dove. Occorrono almeno tre
stazioni sismografiche per poter determinare le coordinate esatte
dell’epicentro. In ogni stazione, verrà definito un perimetro
circolare con raggio uguale alla distanza rilevata rispettivamente da
ciascuna stazione; l’intersezione dei tre cerchi ci darà il punto
coincidente con l’epicentro del terremoto. Le distanze dell’epicentro
dalla stazione sismografica, vengono determinate in base alla misura
dei tempi di arrivo delle onde P ed S nelle differenti stazioni.

Disponendo dei dati di tre stazioni, l’epicentro si troverà all’intersezione dei tre cerchi di raggio D1 D2 e D3 (vedi figura 5).


I metodi attualmente utilizzati per la localizzazione dei terremoti considerano dei modelli di velocità assegnati per l’interno della terra e calcolano il tempo teorico di viaggio dell’onda sismica dal luogo dove avviene il terremoto (ipocentro) al sismografo.
Disponendo di una rete di sismografi, si dovranno calcolare i tempi che meglio si adattano alla distribuzione di dati osservati; questo si ottiene numericamente per tentativi attraverso la minimizzazione dello scarto fra i tempi osservati e quelli teorici.

Per la determinazione della posizione di un terremoto si sfrutta il metodo delle dromocrome.
Queste curve sono tracciate su un piano spazio-tempo in base a una serie di dati sulla velocità delle onde sismiche ricavati da terremoti e da esplosioni nucleari effettuate in località note.
Le dromocrome (figura 6) sono curve che collegano i momenti d’arrivo delle onde agli strumenti con lo spazio percorso. Riportando sul grafico delle dromocrome i sismogrammi in modo da far coincidere i momenti d’arrivo delle onde P ed S con le rispettive dromocrome, è possibile leggere in ascissa la distanza dell’epicentro del terremoto.

 

Figura 6: Grafico delle dromocrone.