Un bonsai si ottiene da semi normali seguendo metodi di coltivazione particolari. Quindi semi della stessa specie possono portare a mele di 3 cm (bonsai) o di 10 cm. Ma se i geni sono gli stessi, perché i prodotti per cui quei geni codificano sono così (apparentemente) diversi? Perché una pianta artificialmente ridotta produce frutti anch’essi rimpiccioliti?

Partiamo da una osservazione fatta sull’essere umano.
Dopo la guerra la statura degli italiani subì un aumento, dovuto non tanto a cause genetiche, quanto alla migliore nutrizione.

La denutrizione o una nutrizione non corretta impedisce ad un organismo di sviluppare appieno le potenzialità dei suoi geni.

Ora occupandoci di bonsai; non si può non notare che lo sviluppo della pianta è inibito. I semi e quindi i frutti non sono che un momento del ciclo riproduttivo delle piante, un momento molto importante quindi e come tale la loro maturazione risente pesantemente delle condizioni generali di crescita dell’organismo a cui appartiene. A dimostrazione che lo sviluppo della pianta non è armonico, i frutti non sono comunque in scala con le dimensioni del bonsai. Tendono infatti ad essere proporzionalmente più grandi, cercando di avvicinarsi alle misure “normali”, che sono quelle che assicurano la sopravvivenza del seme.

Nei geni sono scritte forma e composizione del frutto, ma le dimensioni delle varie parti di un organismo sono il risultato dell’interazione patrimonio genetico – ambiente, anche se non è ancora chiaro quale parte sia dovuta all’una o all’altra variabile.

Vicino a Milano esiste un piccolo museo del Bonsai:

www.crespibonsai.it/ita/ita.htm