Ipparco (185-127 a.C.), nonostante abbia contribuito
a far abbandonare la teoria eliocentrica di Aristarco,
è considerato il più grande astronomo dell'antichità. Nacque
a Nicea di Bitinia e visse per la maggior parte della sua vita a Rodi. Trascorse
qualche tempo anche ad Alessandria d'Egitto che era un centro di attrazione
per i migliori artisti, scienziati e tecnici dell'epoca. Le sue opere, che non
sono giunte fino a noi, sono state tramandate da Tolomeo, suo grande ammiratore,
che visse tre secoli dopo. Fra i suoi notevolissimi contributi all'astronomia
sono da evidenziare i confronti sistematici e critici di antiche osservazioni
con quelle da lui eseguite al fine di scoprire variazioni di piccole entità.
Infatti Ipparco era uno studioso scrupolosissimo e inventò anche degli
strumenti appositi per l'osservazione astronomica (come l'astrolabio e la diòttra).
Riuscì a compilare un famoso catalogo delle stelle fisse, circa ottocentocinquanta,
fornendo per ciascuna di esse la latitudine, la longintudine e lo splendore.
Al fine di perfezionare i suoi calcoli astronomici, gettò le basi di
quel ramo della geometria che più tardi si chiamerà trigonometria
e scoprì fra l'altro, la precessione degli equinozi. Gli studi accurati
dei moti del Sole e della Luna gli permisero di determinare la lunghezza dell'anno
solare in 365 giorni e 6 ore e a predire le eclissi con maggiore precisione
di altri.
Il sistema astronomico di Ipparco respingeva
la teoriea delle sfere di Eudosso, che non spiegava
come mai i pianeti si avvicinassero e si allontanassero periodicamente dalla
Terra. Riprese invece, parzialmente, l'ipotesi di Eraclide
Pontico che immaginava Mercurio e Venere in rotazione attorno al Sole. Ipparco
affermò che tutti i pianeti, la Luna e il Sole ruotavano attorno a
cerchi di raggio minore (epicicli) i quali a loro volta ruotavano attorno
alla Terra secondo orbite con raggio maggiore. Rifiutò l'idea della rotazione
della Terra attorno a se stessa e rifiutò anche l'ipotesi
eliocentrica di Aristarco.
Negli anni che seguirono la morte di Ipparco
non vi è da segnalare alcun notevole progresso nell'astronomia fino a
Claudio Tolomeo, che visse in Alessandria nel II secolo d.C.
Tolomeo da una formella del campanile di Giotto
Della vita di Tolomeo non si sa nulla se non
che scrisse l'Almagesto, un testo di astronomia che è rimasto il
testo fondamentale per tutto il medio evo.
Claudio Tolomeo assorbì integralmente
l'opera di Ipparco senza introdurvi idee originali. Egli riuscì però
a sviluppare e a esporre in forma ordinata e sistematica la sua teoria geocentrica.
Una sua importante variazione consisteva nel sostituire delle sfere al posto
dei cerchi epiciclici di Ipparco.
L'ipotesi di partenza di Ipparco e Tolomeo era
che comunque tutti i moti dovevano essere circolari, ipotesi già formulata
tre secoli prima da Eudosso. Purché venisse
soddisfatta questa ipotesi fondamentale, essi accettavano modelli sempre più
complessi di epicicli nei quali però si tolleravano alcuni gradi di libetà
in più rispetto alla teoria di Eudosso.
Ad esempio, la Terra poteva non trovarsi
esattamente al centro delle orbite dei centri degli epicicli (orbite
eccentriche). Inoltre i centri degli epicicli potevano non avere moti uniformi,
ma potevano variare di velocità.
Mentre la teoria delle sfere epicicliche viene
presentata come ipotesi matematica, l'immobilità della Terra è
per lui un principio fisico di simmetria delle forze dell'universo che avrebbero
dovuto trattenere la Terra al centro del mondo. Rifiutava anche la rotazione
terrestre: se la Terra si muovesse non reggerebbe alla disintegrazione. Inoltre,
secondo lui, a causa della rotazione, un oggetto lanciato in alto sulla verticale
non sarebbe ricaduto nello stesso punto, bensì più indietro rispetto
alla posizione del lancio (verso occidente).
Dalla pubblicazione dell' Almagesto di
Tolomeo dovettero passare ben 14 secoli prima di vedere qualche progresso significativo
nelle scienze astronomiche.
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