Vorrei sapere se è mai stata dimostrata la riproducibilità in “laboratorio” della Sacra Sindone mediante la creazione di un telo avente caratteristiche analoghe ed utilizzando le tecniche disponibili all’epoca in cui essa è stata datata con la tecnica del radiocarbonio.

   Il volto dell’immagine sindonica (in positivo)

Relativamente alla Sindone (di cui ho già parlato in due precedenti risposte: http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=2936
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=127)

occorre distinguere due aspetti. Il primo è il problema della autenticità o falsità; il secondo è quello della riproducibilità.

Come ho cercato di illustrare nelle precedenti risposte, dal punto di vista scientifico appare oramai chiaro e con ben pochi margini di dubbio che la Sindone sia un falso di origine medievale.

Qualche dubbio in più rimane invece relativamente alla tecnica utilizzata per realizzare l’immagine che compare sul telo.

Come è noto, le caratteristiche dell’immagine sono piuttosto interessanti. Essa viene paragonata a una specie di negativo fotografico, il cui positivo (che viene spesso raffigurato) appare molto realistico. Inoltre l’immagine è superficiale e non è prodotta da pigmenti o coloranti (a differenza delle macchie di “sangue” in cui risulta invece evidente la presenza di una sostanza colorata). L’immagine è originata da un ingiallimento delle fibre di cellulosa causato da una degradazione dovuta a disidratazione o azione chimica.

Per spiegare l’origine di una simile immagine sono state proposti essenzialmente due metodi, di cui ho già parlato in una delle due precedenti risposte.

Il primo metodo è stato proposto dal Prof. Vittorio Pesce Delfino nel 1982 e prevede l’uso di un bassorilievo di metallo riscaldato. Appoggiandovi sopra un telo, questo si strina, permettendo di ottenere agevolmente un’impronta negativa, sfumata, indelebile, non pittorica e non deformata.

Il secondo metodo (proposto da Joe Nickell nel 1983) utilizza anch’esso un bassorilievo (questa volta non riscaldato) su cui viene disposto il telo. Quest’ultimo viene poi strofinato con un tampone e del colore in polvere, a secco, per esempio ocra. Nel corso dei secoli l’ocra si sarebbe persa, ma le tracce acide contenute nel pigmento iniziale avrebbero prodotto l’ingiallimento responsabile dell’immagine residua che ammiriamo oggi. A sostegno di questa congettura vi sono anche le microparticelle di ocra ritrovate da Walter C. McCrone nelle aree dell’immagine. Questa tecnica, chiamata frottage, è analoga a quella con cui si può riprodurre una moneta posta sul retro di un foglio di carta, strofinandovi sopra una matita.

Le analisi spettrali condotte dallo STURP (Shroud of Turin Research Project) nel 1978 indicarono che l’immagine del corpo ha proprietà estremamente simili a quelle delle bruciature, ancora ben visibili, che la Sindone subì in un incendio nel 1532. Nel suo rapporto finale lo STURP considera sia l’ipotesi di una strinatura che quella di una disidratazione chimica come molto verosimili, pur ammettendo che la reale origine dell’immagine non è completamente risolta.

Occorre sottolineare ancora una volta che in entrambe le ipotesi è assolutamente necessario l’uso di un bassorilievo. Se infatti si usasse un modello tridimensionale a tutto tondo o un cadavere reale, l’immagine sul telo risulterebbe inevitabilmente deformata.

Il fatto che rimangano ancora dei dubbi sulla tecnica utilizzata dal falsario per realizzare l’immagine sindonica non deve tuttavia stupire più di tanto. La fantasia e l’abilità degli artisti è spesso enorme e non è affatto facile scoprire a posteriori i trucchi e le malizie da essi utilizzati. Questo accade spesso anche per altre opere d’arte. Evidentemente però, di fronte a un opera d’arte di cui non si è ancora capito a fondo la tecnica, nessuno concluderebbe che si tratti di un’opera di origine soprannaturale.