La domanda è piuttosto impegnativa poiché riguarda il complesso problema dell’influenza della psiche sul corpo, relativamente al quale la scienza deve compiere ancora molti passi in avanti.
Mente e corpo sono state per molto tempo considerate due entità distinte dalle cosiddette concezioni dualistiche che attribuivano alla mente umana caratteristiche non fisiche. Tipica, ad esempio, la posizione di Cartesio che parlava di res cogitans (mente) e res extensa (corpo).
Le recenti scoperte delle neuroscienze, delle scienze cognitive e dell’intelligenza artificiale tendono invece sempre di più verso una concezione monistica in cui la mente è semplicemente considerata una funzione del cervello e, quindi, di una parte del corpo. Nell’ambito di una concezione monistica non meraviglia quindi che la mente e il corpo possano influenzarsi a vicenda. È piuttosto evidente che il corpo possa influenzare la mente. Se, ad esempio, si ha un dolore fisico è molto difficile non riuscire a pensarci. Vi sono tuttavia anche diverse evidenze quotidiane della possibilità che anche la mente possa influenzare il corpo. Se, ad esempio, guardo un film horror, lo stato d’animo che si crea può influenzare la frequenza del battito cardiaco, la sudorazione ecc.; se ho fantasie erotiche posso indurre determinate reazioni fisiologiche, ecc.
Esistono anche dimostrazioni più sofisticate di come la mente, e quindi la volontà, possano influenzare certe funzioni fisiologiche. Le principali sono il biofeedback e l’effetto placebo.
Il biofeedback è una tecnica, messa a punto negli anni sessanta, in cui un soggetto viene collegato a particolari strumentazioni in grado di evidenziare alcuni parametri fisiologici di cui di solito non siamo consapevoli, quali ad esempio la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Dopo opportuni allenamenti, i soggetti arrivano al punto di controllare volontariamente questi parametri e di poterli quindi variare a piacimento.
L’effetto placebo consiste, come noto, nel miglioramento di alcune patologie in seguito all’assunzione di sostanze farmacologicamente inattive, ritenute però efficaci da parte di chi le assume. Anche se spesso viene enfatizzato, la realtà dell’effetto placebo è orami dimostrata e la percentuale media della sua efficacia si aggira sul 30%, variando molto ovviamente a seconda del tipo di patologia.
Gli studi iniziali sul biofeedback suscitarono molto entusiasmo perché molti credettero che tale tecnica potesse avere importanti applicazioni terapeutiche. In realtà al giorno d’oggi la portata terapeutica del biofeedback è stata molto ridimensionata. Le patologie che possono ricevere miglioramento da tale tecnica sono sostanzialmente le seguenti: emicrania, cefalea muscolo-tensiva, disordini dell’apparato digerente, ipertensione e ipotensione arteriosa, anomalie del battito cardiaco (aritmie), epilessia, alcuni tipi di paralisi, disturbi del comportamento come l’iperattività e il deficit di attenzione, malattia di Raynaud (disturbo circolatorio che comporta un eccessivo raffreddamento delle estremità). Anche l’effetto placebo risulta avere un’elevata percentuale di successo per disturbi di origine tipicamente psichica, ma sembra del tutto ininfluente per patologie organiche gravi.
In sostanza quindi non si può dare una risposta assoluta alla domanda del lettore perché l’effetto della mente, e quindi della forza di volontà, sullo stato di salute dipende essenzialmente dal tipo di patologia che si considera.
Un settore di ricerca molto promettente e sul quale francamente si sa ancora abbastanza poco è quello che riguarda l’influsso delle condizioni psico-emotive sul sistema immunitario. Vi sono diverse evidenze che dimostrano come questo influsso possa essere reale. Ad esempio, malattie come l’herpes hanno un decorso più virulento in soggetti depressi e stressati. Un altro settore di studio interessante è quello delle cosiddette remissioni spontanee di patologie anche gravi. La causa di tali remissioni non è affatto nota ed è probabile che esse dipendano da particolari reazioni del sistema immunitario che possono plausibilmente essere influenzate anche dalle condizioni psico-emotive del paziente. (Vale la pena osservare che anche molte comuni malattie guariscono spontaneamente, senza ausilio medico e/o farmacologico).
Sebbene sia innegabile che un benessere psico-emotivo possa influenzare positivamente lo stato di salute fisica, occorre tuttavia ridimensionare molte affermazioni particolarmente di moda negli ambienti alternativi e New Age. Spesso si sentono fare affermazioni straordinarie del tipo “Guarisci il cancro con la volontà” o simili. Tali affermazioni purtroppo non hanno mai avuto conferma. Propagandarle può essere estremamente pericoloso per due motivi. Da un lato possono distogliere molti pazienti dal sottoporsi a terapie efficaci e risolutive. Dall’altro possono generare profondi sensi di colpa e di frustrazione in coloro che purtroppo lottano senza successo contro gravi malattie, sentendosi implicitamente accusare di non avere sufficiente forza di volontà per guarire.
Nota: ringrazio il Dott. Massimo Albertin, medico, e il Dott. Armando De Vincentiis, psicologo, per aver cortesemente letto la risposta prima della sua pubblicazione.