Prima di rispondere alla domanda del lettore, richiamiamo brevemente le nozioni di geometria proiettiva necessarie.
Si immagini di “cavalcare” una retta e di guardare alternativamente verso le due direzioni della retta che si stagliano verso l’infinito. La retta sembra puntare in direzione di un punto ben definito, all’infinito. Questo punto all’infinito, per il fatto di non essere un punto identificabile “come tutti gli altri”, lo chiameremo “punto improprio” (daremo una definizione più rigorosa di questo punto in seguito).
Si immagini ora di stare in piedi su di un piano infinito. Ruotando la testa a 360°, il piano infinito sembra disegnare una retta. Anche in questo caso, non è una retta come le altre, e noi la definiremo “retta impropria”.
In geometria proiettiva, si definscono punto improprio, retta impropria, piano improprio, spazio improprio le proiezioni che questi esercitano sui punti all’infinito. Questo artifizio logico è stato introdotto da Desargues nel 1639 da un’intuizione destinata a risolvere essenzialmente il fatto che tutte le rette hanno un punto in comune salvo … le rette parallele. L’idea di Desargue era di introdurre un punto, il punto improprio, che rappresenti l’unico punto in comune che possono avere due rette parallele: il punto all’infinto. La retta proiettiva è definita unendo alla retta “convenzionale” il suo punto improprio. In geometria proiettiva quindi si unifica la proprietà delle rette di avere un punto in comune, anche quando queste sono parallele.
Si osservi che il processo di costruzione dello spazio proiettivo da uno spazio euclideo è replicabile a prescindere dalla dimensione dello spazio euclideo stesso, in generale, quindi, se uno spazio euclideo ha dimensione n, il relativo sottospazio improprio avrà dimensione n-1 e lo spazio proiettivo si ottiene dall’unione dello spazio euclideo e del relativo sottospazio improprio.
Quindi, per n = 1 siamo nel caso dello spazio euclideo unidimensionale, rappresentato appunto da una retta. Il sotto-spazio improprio di una retta ha dimensione n-1 = 0 ed è un punto, detto punto improprio. Ricordiamo che il punto è a-dimensionale, ovvero ha dimensione nulla. La retta proiettiva è data dall’unione della retta euclidea e del relativo punto improprio.
Nel caso n = 2 siamo nel caso dello spazio euclideo bidimensionale, il piano. Per quanto detto sopra, il sotto-spazio improprio del piano ha dimensione n-1 = 1 ed è una retta, detta retta impropria. L’unione del piano euclideo e della retta impropria costituisce il piano proiettivo.
Nel caso n = 3 siamo nel caso dello spazio euclideo tridimensionale. Ancora, il sotto-spazio improprio dello spazio euclideo ha dimensione n-1 = 2 ed è un piano, il piano improprio. Lo spazio proiettivo a 3 dimensioni è quindi costituito dallo spazio euclideo completato della retta impropria.
Aumentando n per valori generici si ottiene appunto che lo spazio proiettivo n-dimensionale si ottiene estendendo lo spazio euclideo n-dimensionale dei punti all’infinito che costituiscono il sotto-spazio improprio di dimensione n-1.
Si osservi che il concetto di intersezione è mantenuto a prescindere dalla dimensione dello spazio proiettivo: così come il punto improprio è l’intersezione di due rette parallele, la retta impropria è l’intersezione di due piani paralleli. Il processo è estendibile anche per dimensioni superiori, ma perde la facilità di essere intuitivamente e “geometricamente” visualizzabile.
In questo senso, è possibile rispondere alla domanda del lettore osservando che i vettori che giacciono sulla retta impropria sono dati da tutti i vettori del piano proiettivo non contenuti nel piano euclideo. Tali vettori non sono ovviamente di intuitiva visualizzazione, ma devono essere considerati come una estensione proiettiva dei vettori contenuti nel piano euclideo a due dimensioni.