Alcune specie batteriche sono usate nella produzione dei prodotti lattiero-caseari fermentati.
Il procedimento di fermentazione del latte avviene in modalità non sterile e quindi rende gli innesti batterici facilmente vulnerabili alla infezione dei batteriofagi (virus che attaccano i batteri). In risposta a ciò molti batteri hanno sviluppato dei meccanismi naturali di resistenza. Iniziamo a vedere come, nell’infezione al batterio, avviene il ciclo litico per capire poi meglio come e dove insorge la resistenza.
http://www.cat.cc.md.us/courses/bio141/lecguide/unit2/viruses/lytlc.html
La prima fase è detta adsorbimento.
Ogni virus ha, al suo esterno, una o più proteine che interagiscono con recettori specifici della superficie cellulare batterica; questi sono normali componenti della superficie cellulare dell’ospite, come proteine, polisaccaridi o complessi lipoproteine-polisaccaridi, a cui il virus si attacca. L’adsorbimento è specifico, cioè ceppi specifici di virus possono legarsi solo a recettori specifici. Molti batteriofagi si legano alla parete cellulare, altri ai pili o ai flagelli del batterio.
Segue la penetrazione. I meccanismi di penetrazione più complicati sono stati trovati nei virus quali il batteriofago T4, che infetta E. coli e che può essere usato come esempio generale. Le particelle virali si attaccano alle cellule attraverso le proprie fibre caudali. Queste fibre si contraggono e la parte centrale della coda entra in contatto con la parete cellulare del batterio. Sarà un enzima di tipo lisozimico a fare un piccolo foro attraverso il quale verrà iniettato il solo genoma fagico.
Replicazione: gli enzimi contenti nel genoma del fago bloccano la sintesi di macromolecole batteriche. All’interno della cellule ospite, il virus rilascia una nucleasi che attacca il DNA dell’ospite riducendolo in piccoli, ineguali frammenti, lasciando la cellula senza “cervello”. Il DNA virale utilizza le strutture cellulari e, tramite la trascrizione e traduzione, sintetizza i componenti per i nuovi virus. ll fago duplica il proprio genoma e usa il meccanismo metabolico dell’ospite, per sintetizzare i propri enzimi e i propri componenti strutturali.
Durante la maturazione, le varie parti si uniscono attorno ai genomi neoformati, segue il rilascio, con il dissolversi della cellula ospite dovuta ad un lisozima fagico, che attacca i peptidoglicani costituenti della parete cellulare.
In risposta alla infezione, molti batteri hanno sviluppato dei meccanismi naturali di resistenza, raggruppati in quattro classi:
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blocco dell’assorbimento del virus;
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blocco della penetrazione del fago;
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restrizione (distruzione) e modificazione dell’acido nucleico del virus appena entrato;
http://www.molecularlab.it/search/index.asp?q=enzimi+di+restrizione -
infezione abortiva (Abi) che impedisce la replicazione del virus, con vari meccanismi e a vari livelli, impedendo la replicazione o la trascrizione, la traduzione, il montaggio del virus o la lisi della cellula ospite.
La presenza contemporanea di due diversi meccanismi di resistenza, ne aumenta l’effetto.
Mentre i meccanismi delle prime due classi fermano il virus all’esterno della cellula batterica, i meccanismi successivi intervengono sul virus che è già penetrato all’interno.
Le cellule batteriche si difendono con l’uso di enzimi di restrizione, altamente specifici perché attaccano solo certe sequenze. Così il genoma virale viene digerito. Contemporaneamente il batterio metila il proprio DNA nella sequenza che viene riconosciuta dagli enzimi di restrizione, in modo da non venire attaccato.
Alcuni virus possono superare i meccanismi di restrizione dell’ospite modificando, a loro volta, il proprio genoma e rendendolo resistente all’attacco enzimatico. La glucosilazione (solo per quelli della serie T-pari) e la metilazione rappresentano i due tipi di modificazione chimica finora identificati per quanto riguarda i genomi virali.
Altri, quali i fagi T3 e T7, evitano la restrizione codificando proteine che inibiscono i sistemi di restrizione dell’ospite.
Per quanto riguarda l’Abi o infezione abortiva, i meccanismi in gioco sono più di uno, ma l’effetto finale è il blocco della riproduzione del genoma virale, quindi se ne è fatta una classe unica.
La maggioranza di questi sistemi di difesa Abi sono codificati in un unico gene, ad eccezione dei tipi AbiE (13), AbiG (25), and AbiL (6), che sono codificati da due geni. Sono stati costruiti dei ceppi batterici che contengono plasmidi, su cui sono situati i geni della resistenza ai fagi, in uso dal 1986.
Link in inglese:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query.fcgi?cmd=Retrieve&db=PubMed&list_uids=15781126&dopt=Abstract
http://www.pubmedcentral.nih.gov/articlerender.fcgi?artid=353419 e http://www.pubmedcentral.nih.gov/articlerender.fcgi?artid=353606 (correzione del precedente)
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query.fcgi?cmd=Retrieve&db=PubMed&list_uids=11985726&dopt=Abstract
http://jds.fass.org/cgi/content/abstract/73/9/2239
http://aem.asm.org/cgi/content/abstract/66/6/2647