Verso la tettonica a placche: La deriva dei continenti.
La formulazione scientifica di questa ipotesi è opera di Alfred Wegener: nel suo libro “La formazione degli Oceani e dei Continenti” (1915) il geologo espone la sua teoria sulla Deriva dei Continenti
Questo super continente si sarebbe in seguito fratturato e i diversi frammenti, come enormi zatteroni, sarebbero andati alla deriva, allontanandosi l’uno dall’altro, fino ad occupare la posizione attuale. Lo studioso portò numerose prove a favore della sua teoria.
Secondo questa teoria, la litosfera sarebbe divisa in una ventina di frammenti rigidi e di diverse dimensioni: le Placche o Zolle. Queste sono giustapposte come le tessere di un mosaico, non sono ferme ma si muovono l’una rispetto all’altra. Ogni placca, in linea di massima, ha un basamento di materiale denso di rocce decisamente basiche, cui si sovrappongono la crosta oceanica formata da basalti e la crosta continentale di rocce granitiche; vi sono però placche in cui è presente solo crosta oceanica ed altre in cui è presente solo crosta continentale. Ovviamente, in funzione della densità dei materiali di cui sono costituite, le placche hanno comportamento diverso: le granitiche, più leggere, tendono a restare in alto; le basaltiche, più pesanti, tendono a sprofondare. I margini di separazione tra una placca e l’altra sono le zone in cui avviene il movimento reciproco.
I movimenti dei margini e le loro conseguenze
I margini delle zolle o placche tra loro posso essere di tre tipi:
divergenti, convergenti, trasformi.
Margini divergenti
Quando i margini di due placche si allontanano l’uno dall’altro si parla di margini divergenti.
Margini convergenti
Quando i margini di due placche si avvicinano si parla di margini convergenti, ma gli effetti che ne derivano dipendono dalla natura delle due placche.
Possiamo avere tre situazioni di margini convergenti, assai differenti tra loro:
– scontro di crosta oceanica con crosta oceanica;
– scontro di crosta oceanica con crosta continentale;
– scontro di crosta continentale con crosta continentale.
Anche se in questo caso non esiste sostanziale differenza di densità di materiali, una delle due placche si infossa sotto l’altra, con un fenomeno chiamato subduzione.
Il piano lungo il quale avviene la subduzione si chiama Piano di Benjoff e si configura chiaramente come una zona intensamente sismica. L’attrito al contatto tra i due margini fa ripiegare verso il basso anche il margine della zolla subducente (qui si generano fosse profonde) che va incontro a parziali fusioni, originando serbatoi magmatici da cui il magma fuoriesce attraverso le numerose fratture che sono presenti nella zona; ne nascono isole vulcaniche allineate ad arco (arco magmatico o insulare), come l’Arcipelago nipponico e quello filippino.
Secondo caso di margini convergenti: crosta oceanica con crosta continentale
In questo caso la notevole differenza di densità tra le due placche fa sì che sia la placca oceanica ad essere subdotta (con i relativi Piani di Benjoff) poiché più densa e pesante, e la crosta continentale, formata da materiali più leggeri, risponde alle spinte dell’altra deformandosi, ripiegandosi ed “accartocciandosi”. Nasce in questo modo il fenomeno della OROGENESI (o nascita di sistemi montuosi), che vede catene di rilievi allineate lungo le coste. Sono sempre presenti fenomeni vulcanici, per motivi analoghi al caso precedente. Ha questa origine la Cordigliera delle Ande, che trae origine dallo scontro della placca di Nazca subdotta dalla placca sudamericana.
La placca di Nazca in subsidenza alla placca Sudamericana
Terzo caso di margini convergenti: crosta continentale con crosta continentale
La sostanziale corrispondenza di densità tra le due placche interessate al fenomeno fa sì che non ci sia subduzione; i margini delle zolle, che portano grande potenza di materiali leggeri, si sovrappongono e si accavallano l’uno all’altro, dando così origine a catene montuose interne ai continenti: l’imponente sistema Alpino-himalayano, che inizia dai Pirenei per spegnersi con le sue ultimissime propaggini nella penisola di Kamciatka, attraverso l’arco alpino, i Balcani, i monti della penisola anatolica, i sistemi dell’Hindukush e del Karakorum, la catena himalayana, le sue digitazioni verso l’Asia sud orientale, la Cina propriamente detta, la Cina settentrionale e la Russia nord-orientale, è la manifestazione esterna e non definitiva dello scontro avvenuto tra il blocco euroasiatico e le placche africana e indiana.
Margini trasformi
In alcuni casi il movimento reciproco delle zolle non vede né subduzione né accavallamento, ma scivolamento, scorrimento laterale, senza che i due blocchi si avvicinino o si allontanino.
Il moto di scorrimento può essere dovuto a diversa velocità di movimento delle zolle oppure a movimento opposto lungo il piano di contatto tra i due blocchi, piano che prende il nome di Faglia. Una tra le più famose faglie è quella di S. Andreas, in California, responsabile dei grandi terremoti che periodicamente devastano l’area di San Francisco e le zone vicine, originati dallo “sfregamento” tra la placca del Pacifico e la placca nordamericana.
La teoria della Tettonica a placche, presentata al mondo scientifico nei primi anni ’60, è ormai assai consolidata e, in fondo, conferma le ipotesi di Wegener e dei suoi sostenitori, con spiegazioni che hanno la loro testimonianza in strutture e fenomeni vistosi ed incontrovertibili.
Tuttavia alcuni aspetti non sono ancora molto chiari e tra questi il più problematico è trovare il responsabile del movimento delle zolle. Per un lungo periodo di tempo si è pensato che “il motore” fosse rappresentato dai moti convettivi dell’astenosfera (vedi http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=1704); la litosfera, rigida ed anelastica, reagirebbe a queste correnti spezzandosi in blocchi che seguirebbero il moto delle correnti convettive stesse:
– dove c’è risalita di materiali caldi i margini, costretti dalla risalita degli stessi, sarebbero divergenti;
– al contrario, dove c’è la discesa di flussi più freddi, i margini sarebbero convergenti.
Le ultime scoperte degli anni ’90, però, hanno rinvigorito il problema: si è constatato, infatti, che il movimento preferenziale delle placche segue all’incirca l’andamento dei paralleli.
Questa osservazione ha generato un’altra ipotesi nella ricerca del nostro motore, ipotesi che parrebbe confermare quanto già sosteneva Wegener, e cioé che il moto di rotazione terrestre sia il responsabile ultimo della deriva dei continenti.
Secondo quest’ipotesi, la litosfera, rigida e separata da una superficie di scollamento dalla sottostante astenosfera fluida, favorita dal moto di rotazione terrestre – va ricordato che la terra ruota da ovest verso est – si muoverebbe verso ovest, cioè nel senso inverso alla rotazione della terra.
Se la zona di separazione tra i due strati fosse omogenea, il moto della litosfera sarebbe anch’esso omogeneo e non ci sarebbero fratturazioni.
Esistono, invece, zone in cui è presente forte disomogeneità, dovuta a differente composizione, temperatura e pressione, tra i due involucri e qui, in funzione della diversa velocità di movimento, avverrebbe la fratturazione della litosfera in blocchi.
Allora:
a) se un blocco più “scollato” posto ad ovest si muove più velocemente di uno posto ad est, si verificherà un allontanamento;
b) al contrario, se è quello orientale a muoversi più velocemente, si verifica avvicinamento e subduzione.
La lettrice che ha posto la domanda ha, quindi, compreso bene e quanto visto alla mostra citata nella sua domanda riporta la teoria più accreditata dagli anni novanta in qua.
Tuttavia, come sempre avviene in Scienze, la teoria è in continua evoluzione e il compito di ogni scienziato che studia la Tettonica è quello di trovare nuove prove a favore e coltivare ogni forma di dubbio che possa sollecitare nuove scoperte. Al momento attuale quella esposta è la Teoria più accreditata per spiegare i fenomeni geologici che sono osservabili direttamente, di quelli che non sono per nulla osservabili ma di cui si vedono le conseguenze e di quelli avvenuti in un passato più o meno lontano e che hanno lasciato profonde tracce sul nostro pianeta.