Esistono vulcani sottomarini attivi in Sardegna?

La domanda è un po’ ambigua poiché, essendo un’isola, la Sardegna non può avere ambienti sottomarini. Assumiamo quindi che la domanda chieda se nei mari che circondano la Sardegna ci siano vulcani sottomarini attivi.

L’origine geologica della Sardegna.

Il disegno mostra la subduzione della placca africana sotto la placca europea. Il fenomeno dura da circa due milioni di anni.

Pur essendo come tutta l’Italia relativamente giovane, la Sardegna conserva la storia di eventi geologici molto antichi. Le prime formazioni risalgono al Precambriano e all’alto Paleozoico, 600-400 milioni di’anni fa e si trovano nel Sulcis: sono rocce arenarie e scisti argillosi, e successivamente formazioni calcaree e dolomie. Arriviamo quindi a 300-250 milioni di anni fa, nel basso Paleozoico, quando gli sconvolgimenti vulcanici che determinano la fuoriuscita di grandi masse di magma con intrusioni di graniti, che vengono a costituire la struttura rigida dell’isola in tutta la sua parte orientale e nell’estremo nord-occidentale di Capo Caccia fino a Stintino e all’Asinara.

Nel Mesozoico, che inizia 250 milioni di anni fa e vede la comparsa dei mammiferi, affiorano calcari bianchi, argilliti, calcari marnosi e marne di colore rosso particolarmente nella parte centro-orientale dell’isola. Verso la fine del Mesozoico inizia quindi un’era di vaste sedimentazioni che generano ampie zone pianeggianti o il leggero pendio, in particolare il Campidano dal golfo di Cagliari a quello di Oristano, la Nurra tra il golfo dell’Asinara e Alghero, l’estremo occidentale del Sulcis fino a Sant’Antioco.

Il Terziario inizia 65 milioni di anni fa ed è caratterizzato da grandi sconvolgimenti vulcanici che portano alla crisi di gran parte delle forme viventi, è il periodo della scomparsa dei dinosauri. Sconvolgimenti che determinano anche l’originarsi del corrugamento alpino ed appenninico ed il distacco dell’isola dal continente.
Ma solo con il Quaternario, iniziato 2 milioni di anni fa, ulteriori emersioni portano alla saldatura delle masse più antiche dando all’isola, anche in conseguenza del distacco della Corsica, la sua forma attuale.


Il Mare Tirreno

Il tirreno risulta essere il mare più giovane del Mediterraneo e quindi anche molto instabile: si formò circa 10 milioni di anni fa. È stato l’ultimo mare a crearsi, lo avevano preceduto l’Adriatico seguito dallo Ionio.

Tra le fasi delle grandi fratture geologiche che provocarono lo sprofondamento del Tirreno e la crescita dei grandi vulcani (dal più vecchio, il Vavilov, al più giovane, il Marsili) c’è stata una fase di prosciugamento completo del Mediterraneo che si conclude con l’arrivo della grande cascata dello stretto di Gibilterra, 5-6 milioni di anni fa.
A quell’epoca le isole vulcaniche di Stromboli e Lipari non esistevano ancora, ma si potevano ammirare altri vulcani che svettavano come tanti Kilimangiaro. Nel corso dei millenni la “diga” naturale, che si era formata tra Spagna e Marocco cominciò a lesionarsi, e si ebbe un collasso generale di tutta l’area e le acque oceaniche si riversarono fragorosamente nella depressione del Mediterraneo: era nato lo stretto di Gibilterra .

I vulcani del Mare Tirreno.

Diciamo subito che la Sardegna non ha sotto di sé vulcani attivi, ma se l’isola ne è priva, così non è per il Tirreno verso il quale guarda la costa orientale dell’isola.

Elenco dei vulcani sommersi del Mare Tirreno (smt = seamounts = monti sottomarini)
Alcione smt, Enarete smt, Eolo smt, Lamentini smt, Marsili smt -505m, Palinuro smt -70m, Sisifo smt, Anchise smt.
Sono tutti sottomarini e geologicamente attivi.

Vulcani e zone vulcaniche delle isole Eolie
Alicudi 3 – Filicudi 13 – Salina 6 – Lipari 21 – Vulcano 19 – Panarea 15 – Stromboli 13.
(Nel numero sono annoverati sia i vulcani attivi che le zone vulcaniche geologicamente atttive)

Tutto il territorio delle Isole Eolie è di origine vulcanica. Le isole altro non erano che vulcani sottomarini emersi dalle acque circa 700.000 anni fa nel seguente ordine: Panarea, Filicudi, Alicudi, Salina, Lipari, Vulcano e per ultimo Stromboli il quale forse ha circa 40.000 anni di età. Da ricordare l’emersione di Vulcanello avvenuta nel 183 a.C., mentre le ultime colate di pomice ed ossidiana sul monte Pelato a Lipari, sono avvenute circa 1500 anni fa.

Altri vulcani e zone vulcaniche
Ustica 4 – Canale di Sicilia 11 – Pantelleria 24 – Linosa 4.
(Nel numero sono annoverati sia i vulcani attivi che le zone vulcaniche geologicamente atttive)

Negli ultimi due milioni di anni, nell’area italiana si sono avute manifestazioni molto importanti di almeno 2 tipi diversi di vulcanesimo.
Una prima attività vulcanica è legata allo scivolamento della placca del Mar Adriatico sotto quella del Tirreno. La zolla sprofondata ha attualmente raggiunto i 450 chilometri di profondità e dalla sua parziale fusione si sono formati i magmi che hanno dato origine ai vulcani appenninici, dal Vesuvio ai Campi Flegrei, ai laghi craterici laziali (Bolsena, Vico, Bracciano, Albano e Nemi). Anche le emissioni di vapori e gas del Monte Amiata e i vulcani ormai spenti (almeno lo si ipotizza) del Vulture (Potenza) e di Roccamonfina (Caserta) sono legati allo stesso fenomeno.

Una seconda area di attività vulcanica
è quella che si manifesta in seguito allo scivolamento della zolla africana sotto il Tirreno. Il fenomeno ha dato origine al vulcano sottomarino Marsili e a quelli delle Isole Eolie. Questi gruppi di vulcani sono tra loro abbastanza simili nel modo di eruttare.
Fa eccezione l’Etna, perché è legato alla presenza di grandi fratture che interessano l’intera crosta terrestre (anche l’Isola Ferdinandea che oggi è sotto il livello del mare ha una medesima origine) e che scendono fino al mantello sottostante.


Il vulcano Marsili visto da Nord. L’immagine, tratta da sito dell’Istituto di Geologia Marina del CNR mostra il monte rilevato con uno strumento denominato Multibeam Sonar, che irradia il fondo marino con un ventaglio di onde acustiche, dirette perpendicolarmente alla rotta della nave, rilevando una fascia di fondale larga circa 4 volte la profondità dell’acqua.


Nelle profondità del mar Tirreno è accertata da tempo la presenza di grandi complessi vulcanici sommersi. Recenti studi effettuati dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), tramite la stazione geomarina Orion Geostar 3, sul Marsili, situato a nord delle isole Eolie, hanno permesso di rilevare che il gruppo ha una base abissale con diametro di circa 50 km, si eleva per 3260 metri (l’Etna è alto 3323 metri) arrivando a circa 500 metri dalla superficie, e possiede numerosi apparati vulcanici satellitari con crateri simili per dimensione a quello dell’isola di Vulcano.

Il cratere “caldera” del vulcano “Vulcano” sull’isola omonima.

Nell’Italia meridionale esistono diverse zone vulcaniche attive.
I fondali del Tirreno sono modellati dalla collisione tra la zolla eurasiatica e quella africana, che ha consentito la formazione di numerosi vulcani sottomarini. Il più imponente tra questi è il Marsili, che è anche il più grande vulcano europeo (65 km di lunghezza, 40 di larghezza e oltre 3.000 m di altezza).


Il bacino del Vavilov visto dalla Sardegna. Il vulcano Vavilov al centro e sullo sfondo il monte sottomarino Flavio Gioia.


Studi sempre più approfonditi, grazie anche alle applicazioni di tecnologie sempre più sofisticate, progressivamente hanno rivelato preziosi dati sull’origine e sull’evoluzione delle bocche di fuoco coperte dai nostri mari: e, per la precisione, del nostro Mar Tirreno. Sono quattro i dormienti, cosiddetti “fratellastri” che interessano da vicino il “nostro” Vesuvio, “vulcani giganti”, sommersi ma per nulla inoperosi, nella cinta del Mar Tirreno costituendone una cintura di fuoco non indifferente. Vulcani di enorme potenziale nascosti negli abissi, localizzati e battezzati dai loro scopritori. Ma soltanto con il sondaggio capillare del C.N.R., da poco presentato pubblicamente dal responsabile Prof. Michael Mariani, è stato possibile realizzare una prima radiografia compiuta di questi “giganti sommersi” del Tirreno, il mare per antonomasia più giovane e perciò più instabile del Mediterraneo.


Lo studio del C.N.R. ne ha rilevato gli aspetti più pericolosi. Alto 3000 m il Marsili dista 150 km a sud del golfo di Napoli e 70 km dalle isole Eolie. Si sviluppa da 3000 a 505 m di profondità. Lungo 65 km e largo 40, ha due milioni di anni, le sue fumarole furono riprese nel 1990 da un video-robot di ricercatori americani. Poi c’è il Magnaghi: uno dei più grossi vulcani del sistema sottomarino. Tre milioni di anni di età. Localizzato a 220 km sud-est di Napoli, misura in profondità fra 1465 e 3000 m di cui soltanto la parte superiore è di circa 2300 m, ha le caratteristiche di un edificio vulcanico. Dallo studioso sovietico Valilov che ne scoprì l’esistenza, prende parte anch’esso alla famosa mappatura del Tirreno. Il Vulcano Valilov ha come datazione 6-7 milioni di anni. Localizzato a 160 km sud-est del golfo di Napoli, ha una profondità compresa tra i 3000 e 733 metri. Ultimo, ma non meno pericoloso è il Palinuro, altro vulcano sommerso della cintura Tirrenica. Dista circa a 150 km dal golfo partenopeo e a 83 dalla costa calabra di Diamante, in direzione nord-est rispetto al Marsili. L’origine risale a meno di due milioni di anni fa.

I fenomeni vulcanici sul Monte Marsili sono tuttora attivi e sui fianchi si stanno sviluppando numerosi apparati vulcanici satelliti, molti dei quali hanno dimensioni comparabili con il cratere dell’Isola di Vulcano, nell’arcipelago delle Eolie. Sono state inoltre identificate le tracce di enormi collassi di materiale dai fianchi di alcuni dei vulcani sottomarini.
L’attività vulcanica recente risulta anche dalla circolazione di fluidi ad alta temperatura all’interno della crosta. Aree in cui questi fluidi vengono emessi sono state identificate nei vulcani sottomarini e nella porzione sommersa dell’edificio vulcanico di Panarea. In queste zone, depositi di solfuri di piombo, rame e zinco, ossidi ed idrossidi di ferro e manganese si formano sul fondo marino, originando giacimenti che, in un futuro prossimo, potrebbero essere attivamente sfruttati.