Lavorando in un’azienda acquedottistica e occupandomi della parte relativa alla disinfezione dell’acqua destinata al consumo umano vorrei sapere quali possono essere le problematiche relative al fatto di utilizzare in fase di pretrattamento biossido di cloro e poi successivamente in fase di copertura ipoclorito di sodio.

I metodi
comunemente utilizzati per la disinfezione dell’acqua destinata al consumo
umano prevedono l’aggiunta ad essa di ossidanti quali il biossido di cloro
(ClO2), il cloro (Cl2), l’ipoclorito di sodio (NaOCl),
l’ozono (O3) oppure il trattamento con raggi ultravioletti.
Ognuno di questi metodi presenta vantaggi e svantaggi. Analizziamo rapidamente
alcuni aspetti importanti da considerare nell’utilizzo di ciascuno dei
sistemi elencati.

RAGGI
UV
– hanno un’energica azione battericida, vengono rapidamente assorbiti
dalle soluzioni (non si possono trattare soluzioni opache), non danno
problemi di sovradosaggio, non alterano organoletticamente l’acqua, non
ci sono metodi per avere un controllo analitico della disinfezione ottenuta,
la distruzione interessa solo i batteri esposti e non quelli annidati
in microscopiche particelle organiche (la disinfezione deve comunque essere
sempre preceduta da un trattamento di filtrazione), hanno un costo relativamente
alto.

CLORO
– ha una potente azione ossidante (ossida sia alcuni ioni inorganici che
le sostanze organiche) con formazione di composti organoalogenati (clorammine,
derivati clorurati aromatici e alifatici),ha una buona azione disinfettante
nei confronti di batteri (non per virus e spore), ha un costo molto basso,
è un gas tossico (il suo uso è consentito solo a personale abilitato –
D.M. 6/2/35), richiede adeguate misure di sicurezza.

IPOCLORITO
DI SODIO
– non richiede speciali cautele, è corrosivo, è di facile
impiego, costa più del cloro, modifica leggermente la salinità e il pH
dell’acqua, forma aloformi (cloroformio e alogenoderivati organici), viene
utilizzato per installazioni medio piccole (per problemi di stoccaggio
e rifornimento).

BIOSSIDO
DI CLORO
– è molto solubile in acqua, non è idrolizzato (è disciolto
come tale in soluzione), le sue soluzioni si decompongono alla luce, è
più costoso sia del cloro che dell’ipoclorito di sodio, è un gas tossico,
è corrosivo, la sua efficacia si estende a batteri, spore batteriche e
alghe, non reagisce con l’ammoniaca e quindi non la elimina dall’acqua,
è complessa la determinazione della sua concentrazione, in concentrazioni
fino a 0.2 mg/l non altera organoletticamente l’acqua.

OZONO
– ha costi di impiego elevati, è corrosivo, è un disinfettante ad ampio
spettro (batteri, virus, spore batteriche), ossida gli ioni inorganici
(Fe2+, Mn2+, NO2-, HS), le
sostanze organiche con doppi e tipli legami, l’ammoniaca e l’acido solfidrico,
non ha azione di copertura residua, l’impianto necessario per la sua produzione
ha costi elevati ed è richiesto l’utilizzo del cloro o di suoi derivati
per garantire la disinfezione fino al momento dell’utilizzo dell’acqua.

Dopo questa
breve premessa e non considerando gli aspetti relativi al costo di impianto
e di esercizio dei vari metodi -che da soli richiedono un’analisi piuttosto
complessa- si può affermare che, poichè i metodi di disinfezione richiedono
in primo luogo che sia assicurata la disinfezione fino all’utilizzo dell’acqua,
è necessario l’utilizzo di cloro o di ipoclorito di sodio almeno nella
fase di copertura. Il problema legato all’utilizzo di derivati del cloro
è dovuto alla formazione di derivati organoalogenati dei quali alcuni
sono cancerogeni (es. cloroformio). Questo fatto è stato ampiamente studiato
e in conclusione si è evidenziato che il rischio associato alla produzione
di tali composti è decisamente inferiore al rischio associato a una disinfezione
non efficace con possibilità di sviluppo di malattie infettive o addirittura
epidemie. Altri problemi legati all’utilizzo di biossido di cloro sono
dovuti alle cautele necessarie nella sua manipolazione, in quanto è un
gas tossico, al suo dosaggio e al fatto che la disinfezione non è stabile
(è necessario l’utilizzo di ipoclorito come copertura).