– zolla (o placca) africana;
– quella euroasiatica;
– quella pacifica;
– la zolla nordamericana;
– quella dell’sudamericana e infine
– quella antartica.
Figura 1. Le principali zolle e i vari punti caldi (hot spots) della terra. |
Figura 2. In rosso gli antichi “cratoni” che hanno una età superiore ai 2 miliardi di anni. |
La crosta continentale è quindi spessa 30 – 35 km, 60 – 70 km sotto gli orogeni (le montagne). È un miscuglio di tutti i tipi di rocce, di ogni età, rocce che vengono sottoposte ai processi magmatici, metamorfici e sedimentari. È quindi profondamente disomogenea.
La crosta oceanica (figura 3), invece, che è poi la maggior parte della crosta terrestre, è spessa solo 7 – 8 km, ed ha caratteristiche diverse, innanzitutto quella di essere molto omogenea.
La crosta oceanica è composta da tre strati:
– il primo, composto da sedimenti, alle cui interfacce corrispondono salti di velocità delle onde sismiche. Alla base del terzo strato troviamo la moho.(1)
– Il basamento acustico è il pavimento di tutti gli oceani e corrisponde allo strato 2, basaltico, ricoperto dai sedimenti dello strato 1.
– Nello strato 1 gli spessori più forti sono dalla parte del prisma sedimentario e vanno diminuendo verso la dorsale, che è un inarcamento del fondale oceanico. Nelle parti più esterne degli oceani troviamo anche i sedimenti più antichi. I sedimenti con la loro deposizione irregolare indicano chiaramente l’espansione del fondo oceanico: i sedimenti più antichi hanno estensione minore perché al momento della loro deposizione il fondo oceanico era più piccolo.
I salti di velocità delle onde sismiche nella crosta oceanica ci dicono la sua composizione (figura 3).
Si inizia con lo strato 1, sedimentario;
si prosegue con lo strato 2 composto nella parte alta da basalti a pillow (basamento acustico) inizialmente più fratturati, poi più massivi, e nella parte bassa da dicchi tabulari verticali;
si arriva allo strato 3, in cui lo stesso materiale che ha dato origine allo strato 2 si è raffreddato in condizioni intrusive, subendo alterazioni e serpentinizzazioni e con alcune varianti. Nella parte bassa dello strato 3 troviamo materiali sempre più femici e cumulitici (questi ultimi da decantazione dei cristalli). Infine si incontra la moho, che è a 11 – 12 km sotto gli oceani (35 km sotto i continenti).
Figura 3. La crosta oceanica comprende uno strato superficiale sedimentario, nel quale spessore ed età aumentano generalmente con l’aumentare della distanza dalla dorsale.
Lo spessore medio è inferiore ad 1 km; generalmente tale strato è molto sottile o del tutto assente in corrispondenza delle dorsali, mentre raggiunge spessori di alcuni km nelle fosse oceaniche.
Lo strato sedimentario ricopre basalti prevalentemente toleitici, dallo spessore medio di 0,50-1,40 km.
Al di sotto di questi, vi sono basalti e gabbri in buona parte metamorfosati, i quali, unitamente a piccole percentuali di rocce ultrabasiche più o meno serpentinizzate, costituiscono lo strato più profondo della crosta oceanica, spesso da 1,25 a 5 km circa.
Veniamo ora alla domanda del lettore iniziando con un semplice e banale esempio che però è significativo e consente di comprendere meglio quanto più avanti scritto e illustrato con le immagini.
Credo che il lettore abbia presente una pizzeria ed abbia assistito qualche volta alla preparazione di una pizza da parte del pizzaiolo…
Il pizzaiolo prepara per tempo delle “pagnottelle” di pasta (figura 4) per la pizza e poi, quando è il momento, da ciascuna pagnottella ricava un disco di diametro molto maggiore rispetto a quello della pagnottella originale.
figura 4. Le pagnottelle che il pizzaiolo lavora per preparare i “dischi” della pizza.
Per ottenere tale “disco” di pasta, il pizzaiolo, allarga, distende, stira (con le mani o con una macchina) l’originale pagnottella; piu’ la pasta viene stirata e distesa, e più si assottiglia diminuendo lo spessore del disco. Se si dovesse stirare troppo, il disco si lacererebbe in qualche suo punto e presenterebbe dei fori o delle fessure irregolari. |
Le piattaforme continentali, come dicevamo, si muovono, navigano, sul “mare magmatico” dell’astenosfera (parte superiore del mantello); in alcuni casi si allontanano, in altri si avvicinano tra loro e altre volte scivolano una a fianco all’altra. Questi movimenti provocano alcune conseguenze: accavallamenti, subsidenze, subduzioni, enormi spaccature (faglie), formazione di montagne (orogenesi) o, al contrario, formazione di nuovi oceani (oceanizzazione).
In base al tipo di movimento delle placche (o zolle) tra loro possiamo avere tre casi:
– margini convergenti (le zolle si avvicinano tra loro fino a scontrarsi),
– margini divergenti (le zolle si allontanano tra loro);
– margini trasformi in cui le zolle scivolano, scorrono lateralmente l’una all’altra.
Tralasciamo di descrivere i margini convergenti e quelli trasformi per soffermarci sui margini divergenti.
Rimandiamo il lettore che volesse approfondire le conoscenze sugli altri due tipi di margini
Quando due placche si allontanano l’una dall’altra, si parla di margini divergenti.
Nelle zolle contimentali in cui avviene l’oceanizzazione (processo di formazione di un oceano) si verifica una distensione della litosfera e la potenza (spessore) crostale diminuisce e si assotiglia sempre di più fino a portare alla lacerazione della crosta: i magmi profondi risalgono lungo le grandi fratturazioni che vengono a crearsi e danno origine ad una intensa attività vulcanica; le rift valley (tra le quali la più imponente e spettacolare è in Africa Orientale: figura 5) hanno questa origine.
Figura 5. Ripresa dallo spazio la Rift Valley africana che con tempi geologici diverrà un oceano maturo.
Le frecce rosse indicano il movimento di divergenza.
Quando il fondo della fossa raggiunge il livello del mare, le acque circostanti la invadono e si genera un oceano in espansione (figure 6 e 8). Lungo la linea di spaccatura fuoriesce il magma.
La lunga linea di vulcani che è caratteristica di questa struttura viene chiamata “dorsale”.
La dorsale più famosa e studiata è la dorsale medioatlantica (vedi figura 7), che attraversa in senso longitudinale tutto l’oceano Atlantico; i vulcani che la formano in alcuni punti giungono a superare il livello del mare formando isole famose come Sant’Elena, le Isole di Capo Verde, le Azzorre, l’Islanda.
I magmi che escono dalla spaccatura si distribuiscono ai lati di essa e, raffreddandosi, formano la crosta oceanica che, come si diceva all’inizio, ha composizione diversa dalla crosta continentale.
Il fondo oceanico continua ad espandersi fintanto che permane il movimento divergente dei margini. È facile intuire e comprendere che il fondo oceanico (la sua crosta), in tale processo di espansione, non abbia tempo sufficiente per raggiungere spessori notevoli: il magma continua a fuoriuscire e a depositarsi ai lati della dorsale ma il contemporaneo allontanamento dalla spaccatura del magma appena uscito impedisce l’ispessimento della crosta oceanica in formazione (immagine animata al seguente indirizzo:
Lo spessore e l’età della crosta oceanica, per ovvio motivo, aumentano, generalmente, man mano che ci si allontana dalla dorsale dalla quale fuoriesce il magma.
Figura 8. L’immagine è tratta da un bellissimo breve filmato che rappresenta molto bene il processo di espansione dei fondali oceanici e fa meglio comprendere quanto descritto nel testo appena sopra l’immagine nonché tutto il discorso contenuto in questa risposta.
Per vedere il filmato, cliccare sull’immagine, ne vale la pena!
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